L’ascolto dell’ultimo album dei Lovely Little Girls mi ha riaperto vecchie ferite, ai tempi nei quali mi innamoravo di artisti fugaci da Chicago o dagli Stati Uniti più selvaggi e colorati, dove la teatralità, il vaudeville e lo spettacolo erano e sono parti in causa del music show. Impossibile non approfittare dei buoni uffici di Skin Graft per andare ad esplorare una storia in continua crescita ed evoluzione come quella di questa coloratissima orchestra. Ne abbiamo parlato con Gregory Jacobsen, Deus ex-machina del progetto.
SODAPOP: Ciao Gregory! Ascoltando il disco appare ormai chiaro come i Lovely Little Girls siano al momento un mostro a più teste che si sposta dopo aver rapito una brass band. Potreste introdurci la spina dorsale del mostro e spiegarci come sia nato questo disco e se ci siano delle differenze sostanziali con i vostri ultimi lavori?
GREGORY: Alex Perkolup ed io siamo la spina dorsale dei Lovely Little Girls. Sono un pittore e la band è un’estensione della mia pratica artistica. Il mio lavoro si muove nell’ambito del body horror, dell’abbietto e dell’assurdo. Alex traduce strumentalmente queste idee e le arricchisce con la sua peculiar scrittura e musicalità. Lavoriamo insieme da quindici anni ormai. Le line-ups del progeto sono piuttosto fluide, portando con ogni cambiamento nuovi metodi di approccio alle idee. Negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato con un gruppo eccezionale di musicisti che hanno aggiunto la loro visione a quella comune. Nel nostro nuovo album, Effusive Supreme, ci siamo coalizzati in un piccolo ensemble che ha sviluppato un linguaggio personale.
SODAPOP: Le grafiche sembrano sincere ed oneste, quasi andassero ad esacerbare i tratti più umani che, forse, in quest’era, siano più portati a nascondere od ignorare. I brani sono anch’essi quasi überpresenti, senza paura di esagerare per raggiungere i loro scopi. Come misurate questa esuberanza? Quando e come percepisci la fine di una canzone?
GREGORY: Curo il lato artistico e l’estetica visuale della band. Con la copertina del nuovo disco volevo onorare i musicisti presenti creando un ritratto di gruppo. Ma, certo, se sto dipingendo il tuo ritratto, sarà bizzarro. Avrò intenzione di approfondire ed esaltare qualche strana imperfezione percepita.
L’esagerazione è importante! Amo performers bigger then life, senza possibilità di categorizzazione: Gilberto Gottfried, Rodney Dangerfield, David Lee Roth, Prince ecc. Abbiamo infilato questa esuberanza nella nostra musica, vogliamo intrattenervi! Molte delle nostre canzoni seguono una struttura drammatica astratta e sciolta. Non storie dirette quindi, ma un ottovolante di esposizioni, azioni crescenti, climax, soluzioni. Noi ed il pubblico finiamo la canzone in uno stato emotivo differente da quello che avevamo al suo inizio.
SODAPOP: Nel vostro album ho trovato il teatro, la tragedia e la fantasia. Non riesco ad immaginare come questo possa essere riprodotto dal vivo: Che tipi di ideazione avrà il vostro tour? Ho letto che sarete in compagnia dei Pili Coît (dei quali ho adorato il disco)…che tipo di legame potrebbe unirvi? Speranze di vedervi prima o dopo anche in Europa?
GREGORY: Quando fondai il progetto era più vicino alla performance art che ad una band. C’erano maschere, ballerini, spoken words, un copione generale per coinvolgere tutti. Era tutto low budget ed ho sempre desiderato lavorare su produzioni più grosse ma non è facile in club molto piccoli e spazi DIY. Alcuni ci riescono ma non ho mai trovato la situazione giusta per me o per il progetto. Preferisco concentrarmi sulle mie performance crude di movimento e voce senza essere distratto da elementi come le maschere al momento. Il mio obiettivo come performer è sempre quello di andare in quella “zona” dove le azioni accadono senza sforzo ma allo stesso tempo altamente disciplinate.
Faremo un piccolo tour negli Stati Uniti con I Pili Coît. Quel che ci lega è un interesse comune nello spingere in avanti il confine del songwriting, saltando dal grottesco alla bellezza.
Speriamo di venire in Europa al più presto!
SODAPOP: Rispetto ai lavori precedenti ho trovato un suono molto più coeso e massiccio. Che tipo di riferimento artistici avevate una volta entrati in studio? Cosa avete ascoltato in questi anni? E durante la composizione del disco?
GREGORY: Ogni membro ha differenti interessi musicali, com’è logico che sia. Sono attirato da musiche dissonanti e selvatiche con voci interessanti. Ma adoro la disco e cose tipo Another Silly Love Song. Alex viene dal death metal e dal prog ma esplora anche le profondità più intricate della musica pop. Assorbiamo tutto, cercando di fondere gli insiemi.
SODAPOP: In molti passaggi ho ritrovato atmosfere da spy stories, alternate od insieme a momenti più grotteschi o di tensione. Che relazione avete con questi generi? Vi hanno influenzato in qualche modo e, se sì, con quali opere?
GREGORY: Ho sempre amato le colonne sonore degli anni ’60 e ’70, come le opere di Ennio Morricone e Lalo Schifrin. Sapevano costruire un mood unitario, dal tema principale fino ai paiù folli passaggi di tessitura atonale.
L’attacco di Dirty Harry di Lalo Schifrin ad esempio è brillante: lo spazio, il beat, il terrore minaccioso. Bypassa il classico significato di un umore, elevando la sequenza cinematografica.
SODAPOP: Vi propongono di curare un festival di due serate, nel quale sareste costretti a suonare ogni sera (sotto qualsiasi cappello e progetto. Come sarebbe questo festival?
GREGORY: Sarebbe una stravagante eccitazione! Un sacco di corni! Un sacco di note acide!! Un sacco di miagolii!!!
SODAPOP: Grazie mille Gregory, vi aspettiamo in Europa!!!