Dopo il post-punk revival e col ritorno prepotente degli stili e delle mode degli anni ‘90 è bello e giusto che ci siano gruppi che non si vergognino di esprimere una certa inclinazione per il nu metal. È questo il caso dei Chat Pile. Il quartetto proveniente dall’alienata ed alineante Oklahoma City propone una musica pesante e devastata erroneamente accostata al noise rock. I nostri, infatti, attingono a piene mani dalle cadenze dilaniate di Korn e compagnia. Anche le linee vocali si esprimono tramite la schizofrenia canora portata avanti da Jonathan Davis ed altri anti-vocalist del secolo scorso.
Nulla, però, di tutto ciò che è possibile ascoltare in questo nuovo Cool World e nel precedente e fulminante God’s Country è semplice revivalismo. La band, per quanto apparentemente sgangherata, ha un’idea di musica pesante contemporanea ben precisa e coerente con un tempo in cui non è facile catturare l’attenzione di ascoltatori sempre più aggrappati al usato sicuro (il ritorno dei Jesus Lizard ne è una prova), piuttosto che aperto a nuove proposte.
In questo clima di eterna nostalgia, i Chat Pile si impongono con una colata fangosa di distorsioni post-industriali (qualche accenno delle sonorità dei Godflesh traspare qui e là) e ritmiche telluriche da nuova ondata post-hardcore.
Il fatto inconsueto e notevole della breve carriera di questa band è il loro posizionamento ben presente in mezzo a progetti di tutt’altro tenore (Idles su tutti), pur condividendo per le chitarre distorte e il “cantato”
sbrindellato. Infatti, non troveremo in Cool World nessuna finezza posticcia e avanguardista, niente testi intrisi di sentimento. Da questo punto di vista, forse, siamo di fronte ad una storia musicale simile a quella degli Stooges, con cui i nostri condividono la proveniente dal Mid West demolito da una crisi d’identità senza fine.
Non mancano episodi più “riflessivi”, si fa per dire, che permettono di tirare il fiato tra una frana di distruzione e l’altra (Shame e Camcorder).
In generale si percepisce un’aria di depressione, concentrata in pochi e decisi colpi di batteria e basso, riff chitarristici di stampo post-doom e un cantato tra i più indolenti e paraculi del metal contemporaneo.
In sostanza “Cool World” è un ottimo disco di musica fatta in maniera diretta e senza sovrastrutture:
pesante, ripetitiva, poco illuminata, ma completamente calata nel tempo in declino che ci troviamo a vivere.
Chat Pile – Cool World (The Flenser, 2024)
