Cavalli, monti e popolo. Amiata (pop musik)

Conosco Marko Miladinović da anni, ancora prima che iniziasse a suonare ed a declamare con i Fedora Saura. Così ho sempre seguito le sue azioni ed i suoi racconti fra il Canton Ticino e l’Italia, in attesa di un nuovo morso alla musica. Così è stato con gli Amiata (pop musik), formazione che lo vede accompagnato da Marco Guglielmetti e Matteo Simonin, oltre a Claudio Büchler e Filippo Zanoli. FUORI I PADRONI DI CASA DA CASA NOSTRA (sogno) FATTI FUORI I FATTI TUOI il potere, CHI HA FATTO QUESTO DESERTO DILLO / VUOI STRINGERE LA SUA MANO FALLO, urca burckhardt, NON SI GODE SE PRIMA NON SI DÀ DA GODERE non si gode, HO NERVI TREMATE / DISARMO UNIVERSALE / IMMEDIATO TOTALE senza coscienza SII TIRANNA TI TIFERANNO, tiranna, ex pericolante europa, CADONO LE NAZIONI / NON LE AIUTEREMO STATE GIÙ / ZIG ZAG TRA LE FRONTIERE / TRA DI NOI NESSUN DOVERE federico, LA VITA È UNA FESTA IMPERCETTIBILE MI SONO DEVASTATA, vostra madre è una gallina.
Dopo averli visti dal vivo e masticato per qualche tempo il loro debutto mi sono quindi preso il tempo per una chiacchiera, dove andare a toccare e sviscerare alcuni lati del proprio impegno e della propria arte, tra slanci emotivi e poetici.

SODAPOP : Ciao Marko, come stai? Ti chiamo per un’aggiornamento su Amiata (pop musik)…vi avevo visto esibirvi allo Studio Foce di Lugano all’incirca a febbraio, al termine della vostra residenza artistica in loco. Dopo sette mesi all’incirca abbiamo un vostro disco, Alti Eldoradi. Quando nasce questo lavoro? Voi venivate dall’esperienza Fedora Saura..

MARKO : Dei quali Amiata è la continuazione nel nome, perché la puledra che nacque dalla cavalla (che wikipedia testimonia: “…ritirata dalle corse per manifesta superiorità.”), oltre ad essere Monte ed etichetta pianistica e classica.

SODAPOP : Cambio di cappello è cambio di cervello? Che differenza c’è tra Fedora Saura ed Amiata (pop musik)?

MARKO : Beh, praticamente adesso la gran differenza è che è cambiato il trio compositivo. Rimaniamo io e Marco (Guglielmetti) con Matteo Simonin. Infatti la grande svolta in questo disco (che contiene brani anche del 2016 che noi abbiamo riarrangiato dopo anni) è stata l’incontro con Matteo Simonin del dicembre del 2022…

SODAPOP : Com’è successo questo incontro? In che ambito e perché?

MARKO : Marco Guglielmetti viveva e lavorava a Basilea e per il suo progetto di musica in trio per cinema, free jazz eccetera che si chiama Badalamenti’s Quest con Paul Pedrazzini e Matteo Simonin appunto, ha portato Matteo da me ed abbiamo iniziato a comporre, riarrangiare, jammare così. Questo a dicembre 2022 in Ticino e quindi lì è successa questa magia e da dicembre a luglio 2023 abbiamo creato il disco, che allora era già pronto e masterizzato. Poi ci ho messo un anno per grafica ed altro uscendo adesso un anno dopo.

SODAPOP : Credo che una tempistica del genere possa essere normale…sinceramente ascoltando il disco l’ho trovato comunque piuttosto slegato dal presente ed in continuità con quanto ascoltato a febbraio e con la vostra storia quindi fosse uscito nel 2021 o nel 2025 non penso ci sarebbero stati stravolgimenti sonori o tematici.

MARKO : Sì, anche secondo me. Il grande stravolgimento c’è stato negli ultimi dieci anni, da quando Marco ed io ci siamo incontrati ed abbiamo iniziato a suonare insieme e comporre. Già nel 2014 con Fedora Saura facevamo pezzi tra i 4 ed i 16 minuti di durata mentre oggi, con un disco intero non superiamo i 30 minuti, quello è anche un gran colpo per noi, di indovinare una nostra misura nella musica pop, il meglio per noi. Ci abbiamo messo dieci anni per trovare questa cifra!

SODAPOP : Una cosa che ho notato sia nel vostro disco sia in quello di Infesta (progetto in solo di Marco Guglielmetti) dell’anno scorso è una certa fascinazione per gli anni ’80, un richiamo ad esperienze come Matia Bazar, Alberto Camerini o CCCP potevate non starci male fra loro. C’è una sorta di discendenza credi? Da dove arriva il vostro suono altrimenti?

MARKO : Ah sì?! Beh, gli anni ’80 sono stati anche il tempo dove i sintetizzatori hanno preso più importanza rispetto agli anni ’70 e questo far suonare le macchine insieme agli strumenti analogici sì, ci sono queste influenze. Non solo per quanto riguarda me e Marco, credo che i Matia Bazar tornino. Poi anche certi miei handicap: io non ho il bel canto e quindi devo trovare un modo per cui questo non emerga come difetto ma come potenza, quindi CCCP in pieno per questo perorare mono tono. Io dico tra l’acid rock dei Doors, i the Fall feat. Alfredo Cohen, che tra l’altro collaborò con Franco Battiato per l’unico suo disco regisrato, Come barchette in un tram. Ed allora i the Fall, anche lì c’era questa problematica del cantante, con un range vocale che andava incastrato nella musica più fica. Anche lì c’è stato questo gran lavoro (come se noi avessimo in mente un fine, mentre chi fa non sa cosa sta facendo, cioè, sei dentro la sperimentazione e ti accorgi di questo solo una volta staccandosi) ed adesso il disco giâ lo chiamiamo la nostra bella zavorra! Considera che la scorsa settimana già ne abbiamo registrato uno nuovo, sette tracce demo per il prossimo. Questo ce lo portavamo dietro da così tanti anni che male si accostavamo nuove tracce che comunque già suoniamo in concerto perché arrivarono subito. Dovevamo trascinarci quello per chiudere il disco concepito. Ora da liberi in tre giorni di residenza sono uscite sette canzoni, incredibile questa potenza…

SODAPOP: Una bella potenza creativa certo! Questa cosa del portarsi dietro un carico e pubblicare un disco quando lo sentono già vecchio…come si può risolvere questa cosa? Voi al momento pubblicate per Human Kind Records, l’etichetta di Alan Alpenfelt

MARKO: Sì, la sublabel di Pulver & Asche.

SODAPOP: Io già mi ricordo che l’anno scorso eravate alla ricerca di un’etichetta se non ricordo male?

MARKO: Sì, ma guarda, l’etichetta è problematica perchê quello che noi sappiamo, in generale, il pubblico sa che esistono le etichette ma in realtà le etichette (Trovarobato, Tempesta, quelle lì che furono grandi) non esistono più, non c’è nessuno dietro, magari il fratellodi quello che, che magari fa suonare la band del vicino sotto il nome…queste cose sono sparite! Io cercavo un’etichetta per pi arrivare anche ad avere un circuito nel quale suonare ma questa cosa qui, guarda, per la mia esperienza…
Sono due anni, no, da febbraio 2023 a marzo 2024 con il mix in mano abbiamo mandato il materiale a 50 etichette le comunicazioni (nuova band, cantato in italiano, ecc.)ricevendo due o tre risposte (grazie, non ci interessa, esistiamo ma non esistiamo). A cosa serve un’etichetta? A parte darti un circuito uno se la inventa per uscire e per far sembrare che dietro ci sia il supporto di qualcuno ma che non esiste e quindi è una cosa del passato alla quale anch’io ero legato a ormai…

SODAPOP: Può dare comunque un sostegno economico, a livello di stampa e registrazione?

MARKO: Esattamente o dirti di andare nel loro studio utilizzando i loro musicisti e riarrangiando e questa sarebbe una grande fortuna che non c’è stata. Ora probabilmente mi risbatterò pr questa nuova demo che abbiamo fatto, con un disco in più a supporto per questa roba nuova. Perchê a me sembra roba nuova, non ricorda nulla di quel che c’è e di quel che è stato e ne sono molto contento.

SODAPOP: Visto che non esistono più le etichette (che una volta servivano a fare i dischi da vendere al pubblico), il pubblico esiste ancora?

MARKO: Ah, è come con la poesia, no? Creando crei il pubblico, quindi sì, il pubblico esiste. È un prodotto dell’arte stessa. Il discorso è anche che nessuno ti dice che tu sei un poeta od un musicista: nel ridicolo tu devi dirtelo e continuare a fare ed a creare, poi quell’assenza di pubblico appare di colpo quando c’è qualcosa. Il pubblico esiste, ai nostri concerti (a settembre è stato il quinto in due anni) la gente c’era!

SODAPOP: Tutto da vedere quindi…

MARKO: Certo, c’è anche il timore del vedere che qualcuno ti caghi. Su Spotify c’era anche la cifra, qualcosa di tipo 46 milioni di pezzi mai ascoltati (in realtà il dato, evidenziato nel 2014, era di 4 milioni di brani, dato raccolto dai tre fondatori di Forgotify, piattaforma che ha riportato in vita ripristinando queste canzoni, 38 milioni invece se diamo per buono il dato di un video VPN datato 2023, ndr.), quindi il discorso è anche di quanto possa fregargliene agli altri ma la curiosità è anche di come verremo percepiti e che risposta arriverà dall’Italia ecco.

SODAPOP: Voi al momento come Amiata (pop musik) avete 25 ascoltatori su Spotify…

MARKO: Beh wow! Ma è uscito solo venerdì scorso!

SODAPOP: Quindi 25 persone vi hanno ascoltato, ed ora stavo pensando, anche rispetto all amia carriera di ascoltatore. Una volta forse la fruizione musicale era, non voglio dire appassionata, ma forse un po’ più profonda con la fatica che si faceva a recuperare i dischi. Dovevi acquistarli, li ascoltavi da cima a fondo, andavi ai concerti e conoscevi le persone. Adesso ho idea che per noi (prendendo anche voi come della mia generazione) sia differente rapportarci con le altre generazioni perchè i coetanei un po’ si sono dileguati ed i giovani forse sono veramente un altro mondo. Non so se tu, come musicista e poeta, hai percepito una sorta di comunicazione coi giovani oppure sia più difficile. Che idea ti interessa sempre che questa cosa ti interessi?

È un’interessante discorso!. Il nostro pubblico va dai 20 ai 50 anni come forbice però è vero che spesso vengo tanto invitato in sedi liceali ed universitarie per parlare, in confronti con ragazzi tra i 15 ed i 30 anni, studenti. Effettivamente la questione, sebbene inizialmente pensassi che molto mi lega ad un novantenne e poco ad un quindicenne: un background culturale che ho in comune con gli anziani sul 900, sulla storia, sul passato, temi che con un 25enne perdono senso. Molti non sanno cosa fosse la DDR, non conoscono i CCCP al contrario della nostra generazione, non hanno i legami che troviamo altrove e questo ê ancor più interessante!

SODAPOP: Certo, perché parti da una tabula rasa!

MARKO: Ed allora l’interesse è maggiore che ho verso di loro. Mi informo su come facciano a saltare da una cosa all’altra e questo è più interessante. Non è una lagna, è solo un background che svanisce in meno di un decennio! Poi loro vengono, i ventenni ce li ho ai miei concerti e sono fighi, osno interessati! La cosa più bella quando mi invitano a scuola è che mi dicono: “Tu ci piaci ma non capiamo cosa fai!”. Il bello della poesia e della parola: io lavoro con la parola in uno statement che è costruisci il linguaggio, non spiega il linguaggio e quindi questo è molto interessante come confronto.

SODAPOP: Vero è che partire da zero può essere intriganti perché non hai i preconcetti. Fortissimi come il ‘900, le avanguardie, il ’77, moltissime cose che ci segnano tantissimo. Se penso ad una musica dark o proto-industriale potrei associarla alla destra perché storicamente l’immaginario ed alcuni esempi forti andavano in quella direzione, slegandoli da macchinazioni e discorsi che hanno sovraccaricato e scentrato l’espressione, svecchiandola di fatto.

MARKO: Questo è anche uno dei miei discorsi con loro, come la storia di David Foster Wallace nella quale un pesce chiede all’altro: “Com’è l’acqua?” e l’altro gli risponde: “Quale acqua?”. L’ideologia funziona in noi fino a quando noi non ci poniamo domande su cosa sia questa cosa che neanche percepiamo di avere. L’ideologia è invisibile, non is sente ma lavora in noi. D’altra parte il non essere legati a..può fare o non fare danni. È sempre una scommessa, è bello il detournage situazionista nel quale prendo qualcosa, la modifico, ristrutturandola con nuove relazioni decontestualizzandola, ma è anche vero che il capitalismo si è mangiato tutto! Il dadaismo è stato preso nella pubblicità e negli spot, il cinema sperimentale…quando Carmelo Bene a Venezia si vantava di avere 35000 inquadrature in Salomè in meno di un’ora, oggi le vediamo in una pubblicità di 20 secondi.

SODAPOP: Vero che è stata fatta tabula rasa però i CCCP si sono riformati!

MARKO: La grande scritta COOP!!

SODAPOP: Da una parte c’è il voler rimanere attaccati al mondo e dall’altra c’è il mondo che forse non ha interesse in questo. Forse parliamo ancora lingue troppo diverse e non riusciamo a capirci, però sarà molto interessante…invece, il mondo di adesso, la fucina creativa, quella che nella mia mente di anziano immagino fra i 16 ed i 20 anni come la vedi andando nelle scuole? Cosa succede?

MARKO: Allora, intanto i regaz, frequentando i licei dove mi invitano a parlare di poetica…nei licei, in gruppi di 15-20, prima di tutto parlano. Loro parlano, capito, anche i maschi stanno in un dialogo, quindi quella roba lì, mentre parlo della costruzione di un linguaggio, loro fanno uscire delle cose, parlano, dialogano e quindi mi piace molto stare con loro. Sono molto fighi e parlano più e di cose più interessanti che i miei amici al bar. Nel marasma, nell’abbiezione che, citando i miei amici 75 anni che mi ripetono le stesse cose non conoscendosi, “Scusami Marko perché, con tutte le lotte civili, gli sforzi, noi non pensavamo che andasse così male”. Cioè, non pensavamo che andasse così male, quindi…
Non so! È difficile trovare gli strumenti per affrancarsi a questo, mentre i regaz giovani cercano di parlarsi e trovare questi strumenti. Cercano spazi, come stiamo facendo come Associazione IDRA (promotrice de La Straordinaria a Lugano, della quale vi abbiamo parlato lo scorso anno), cercano il dialogo ed infatti come perfetto match sono sempre stati in prima fila.
Siamo fiduciosi e, piccola parentesi per capire come siamo messi: Impero Ottomano, intorno al 600 in Europa si trovano delle lettere che dicevano ai germanici “Venite qui, perché qui tutti possono essere quelli che sono senza nascondersi, in piazza trovate la chiesa, la sinagoga e la moschea e tutti possono essere liberi.” Questi arrivano e mandano altre lettere ad altri tedeschi, lamentandosi perché comunque c’erano troppi ebrei!

SODAPOP: Ogni volta in cui c’è un minimo cambio generazionale, nel quale qualcuno che abbia fatto dei percorsi prendendo un minimo di potere non cambia mai niente. In 45 anni non ho mai visto cambiare niente ed il ritrovarsi nel 2024 a dover chiedere ancora degli spazi del genere è deleterio!

MARKO: È il discorso del potere, lo schiavo che vuole liberarsi ed avere il potere per rendere schiavi gli altri, non per liberarsi insieme. Qui anche, sempre parlando dei regaz, viene fuori che non vogliono nemmeno lo spazio ma solo utlizzarlo, tralasciando l’accollo della proprietà. Poi dove c’è potere c’è resistenza al poteree, dicendolo fra di noi, ci si trova a parlare più volentieri con un fascista che con un liberista e vedi Macron che forma quasi un potere di estrema destra al governo ed è un vero liberista. Meglio non frequentarlo proprio il potere perché fa sempre male e vince sempre il più paranoico.

SODAPOP: Speriamo quindi di non averne mai allora! Per quanto riguarda Alti Eldoradi è un disco per il quale volte spendere altre parle oppure basta che si schiacci play per esserne investiti?

MARKO: Io do sempre quelli, the Fall, the Doors, Alfredo Cohen che poi non se lo conosce mai nessuno, dire che i testi sono di un poeta contento di fare queste canzoni, Sono felice. Che è un gruppo che vien da tutta la Svizzera, che ci parliamo in francese tedesco ed inglese e che siamo italofoni. Solo questo.

SODAPOP: Perfetto, che si ascolti Alti Eldoradi allora!