Aucan – S/T (Africantape/Ruminance, 2008)

Giù la maschera: ero partito molto prevenuto nei confronti degli Aucan, temevo che sulla scia dei Three Second Kiss fossero un po' passatisti oppure temevo il post-rock punk-funkettoso (che a confronto i Liars del primo disco sono i Cro-Mags con tanto di tuffo a piedi uniti sulla prima fila del pubblico). Invece come al solito mi prendo il mio bello zainetto pieno di pregiudizi e mi lo infilo in saccoccia.

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AA.VV. – Brucia Imperia Brucia (Good Vibes, 2007)

Certamente per una buona causa. Chi vive all'estrema periferia dell'impero, emblematicamente gli abitanti di Imperia, non vuole esser dimenticato né emarginato. Il disco quindi, di per sé, è un manifesto per sottolineare problematiche tutt'altro che secondarie, almeno per chi le interpreta. Apprezzabile mix tra vari generi dove ogni canzone ha come leitmotiv l'ossessione verso l'immobilismo e l'inevitabile desiderio di fuga di chi vive questa città. Quella città.

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Stalker – S/T (Produzionisante, 2008)

"Felicità per tutti, libertà, nessuno se ne andrà insoddisfatto!" Sardonicamente si chiude così il capolavoro assoluto dei fratelli Strugatsky che, nei primi anni settanta, vergarono con Stalker il romanzo di fantascienza più metafisico e allegorico del secolo passato. Coordinate molto più fredde e lucide rispetto a quelle di P.K. Dick, ma non per questo da sottovalutare. Il disco d'esordio del quintetto genovese ripercorre perfettamente lo spirito e la potenza visiva dei fratelli di Leningrado. Metal ossessivo, psichedelico, talvolta gassoso: una gigantesca mole ferrosa che emerge dalla nebbia, vestigia incomprensibile di chi ha anticipato. Isis e Neurosis non possono essere esonerati come riferimento, ma gli Stalker vanno ben oltre.

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Owen Tromans – Hope Is A Magnet (Sacred Geometry, 2007)

La bella copertina bianco celeste raffigura un flipper con un magnete, il titolo è all'insegna dell'ottimismo, così come i suoni. Non si direbbe che Owen Tromans abbia avuto un passato nei San Lorenzo , recensiti tempo fa su questo sito nella versione "quando eravamo giovani" se non sbaglio. La voce, decisamente monocorde, è una di quelle che si ricorda (The Last Word On The Sunshine Girls), e sebbene Hope Is A Magnet nella sua mezz'ora abbondante sfrutta al meglio gli arrangiamenti, il mood del disco resta decisamente leggero, sebbene molto curato con accenni decisamente pop (Korea), più che di matrice folk.

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