Credo che molti di voi conoscano Stefano Giust e Madame P e se così non fosse li inquadreremo dicendo che lui è uno dei batteristi (limitante visto che suona anche altro) più eterogenei che ci siano in Italia e che ha suonato con chiunque, un po’ come Francesco Cusa. Madame P se non rimarrà nella memoria per aver fatto parte della prima line up delle Allun è rimasta impressa ad alcuni che si saranno visti uno dei suoi millemila tour stile bombardamento di Coventry.
Ma una cantante "a cappella" fornita di loop station e qualche pedale (ed un vecchio synth) ed un batterista della finezza di Giust (che comunque esce dal jazz) che possono fare? Si incontrano a metà strada, quindi direi che vocalizzi solitamente melodici, colorati da folate percussive appena accennate. Se spesso nonostante le ottime qualità, a Patrizia Oliva mancano le cesellature per fare un'ulteriore salto in avanti, il connubio con il boss di Setola Di Maiale mette tutto più a fuoco, tanto che sono tentato di dire che sia il suo progetto migliore. Incredibile dictu se anche fra le maglie dell'improvvisazione i due si lanciano in campi tortuosi, il disco è molto melodico ed a tratti etereo, tanto che per certi momenti tirerei in ballo Bjork in trip da Cocteau Twins minimali e 4AD (All Things Become Water, Garden Sky My Friend…) tutto "ruvifdo" però. Altrove il disco rimane più appiccicato alla summa esatta dello stile dei due membri (come l'iniziale So Dear). Ultimi grandi spettri che aleggiano sulla città stile "lucifero su Londra" sono psichedelia e minimalismo orientale (i dodici minuti di All Things Become Water), quest'ultima specifica si riferisce al fatto che non si tratta di minimalismo "occidentale" figlio di Young, Reich, Reiley o Glass ma di minimalsimo "zen" con gli occhi a mandarla (che poi anche questo sia influenzato dalla musica gamelan beh, altro discorso). Quest'ultima osservazione mi permette di introdurre un parallelo che mi sembra dovuto per questo disco dei Camusi, infatti seppur ruvido (registrazione live su minidisc) trovo che questo CD non sia troppo lontano da alcune delle cose più o meno recenti di Yoshimi (dovrei aggiungere perciò kraut-prog? E facciamolo) che al secolo era ed è una dei batteristi dei Boredoms. Per quanto non sia un mistero che gli ultimi Boredoms in versione freak, psichedelica siano anche molto fruibili credo che sia intuibile che si tratti di un disco comunque molto melodico e questo va detto perché nel suo acidume etereo e nonostante una vena di grigiore, la musica è quasi accessibile a tutti. "Chi ben incomincia è a metà dell'opera".