Callie’s, Berlin. Jules Reidy ed Andrea Belfi

Non potevo esimermi dall’approfondire la prima unione artistica fra Jules Reidy ed Andrea Belfi, considerando quanto di buono i due hanno fatto arrivare alla nostra redazione in termini di lavori più recenti, da Eternally Frozen del batterista veronese a World in World e Neutral Star (insieme ai The Pitch) per l chitarrista australiana. Dessus oben alto Up offre diversi spunti, sviscerati grazie alla mediazione di Ian Sparkes di 9PR.

Salve Jules, salve Andrea, come state?
In primis grazie mille per la vostra disponibilità. Prima di ascoltare il vostro album non sono andato a riascoltarmi i vostri lavori precedenti (che mi avevano ben impressionato e dei quali avevo scritto su Sodapop). Credete che l’ascolto di un album debba essere filtrato dalla conoscenza artistica del percorso dei musicisti oppure preferiate che sia sorbito come lavoro e, secondo interesse, approfondirne l’opera?

 
J: Non credo che l’ascolto debba essere filtrato da nulla, e che le persone trarranno il massimo dall’ascolto di questo disco, o di qualsiasi altro disco, semplicemente ascoltando ciò che c’è. Ovviamente, la familiarità con il lavoro di qualcuno cambia il modo in cui ascolti.

A: A mia opinione ogni disco dovrebbe generalmente parlare per se stesso senza nessuna descrizione a monte. Le mie migliori esperienze d’ascolto sono state con amici che mi hanno fatto ascoltare lavori senza nulla spiegarmi.

Come vi siete incontrati e di chi è stata la scelta di coinvolgervi in una residenza artistica alla Callie’s?
 
J: Ci siamo incontrati attraverso la comunità musicale sperimentale a Berlino. Abbiamo fatto questo disco durante la residenza di Andrea alla Callie’s.

A: Sono stato invitato a far parte di Callie’s qualche anno fa. È un’istituzione meravigliosa e sono fiero di farne parte.
 
Come sono state la concezione dell’opera ed il lavoro di registrazione? Quanto avete lavorato con Marco Anulli e che contributo ha dato al lavoro?
 
J: Abbiamo iniziato con qualche sessione e concerto assieme, per lo più improvvisando e registrando quanto suonato. Successivamente abbiamo registrato la chitarra acustica, batteria e percussioni live in studio con Marco, per poi aggiungere gradualmente diversi elementi durante l’anno successivo.
Il processo si è svolto in maniera piuttosto intuitiva, basandosi su materiale improvvisato distillandolo lentamente in una forma più concentrata.

Avete suonato unicamente in presenza di Marco o che tipo di presenza c’è stata da Callie’s mentre lavoravate? L’impressione a tratti è che ci sia una sorta di suono fantasma ed un reale dialogo con lo spazio…
 
J: La maggior parte del materiale è stato registrato live in studio, con qualche overdub di vari strumenti (synth, zither, percussioni aggiuntive) aggiunti in secondo luogo. La presenza tecnica si è limitata per lo più al setting dei microfoni ed alla registrazione, è stata veramente una fase di registrazione molto semplice e diretta.
 
A: Mi piace giocare con il suono dello spazio nel quale performo, con i suoi riverberi e le sue peculiarità. Questo potrebbe risultare come presenza aggiuntiva nel processo musicale e di registrazione.
 
Chitarra e batteria sono una coppia che normalmente ritroviamo in ambito rock mentre in dessus oben alto up diventa complicato definire il vostro suono. Credo di averci trovato del jazz, suoni western, la gommosità tipica del dub ed una libertà che corre attraverso i generi…

J:Abbiamo entrambi background come musicisti in diversi contesti musicali e stili, quindi credo questi si sentano nel disco. Non abbiamo in realtà parlato di come approcciare il nostro suonare insieme, credo sia una documentazione cruda e sincera di noi, esplorandoci insieme trovando un linguaggio comune.
 
Dopo anni di suono, ricerca e sperimentazione, come vi approcciate ai generi musicali? Come provate a sfuggirne le classificazioni rompendone i codici?
 
J: Non lavoro coscientemente cercando di incanalare o rompere codici di genere quando creo musica. Sono consapevole delle mie influenze e di come queste si manifestino nei miei suoni e nei miei approcci, ma per poter agire nel presente è importante per me mantenere una distanza da queste quando mi trovo nel processo creativo.
 
A: Ho sicuramente dei riferimenti nella mia mente, tipi di immagine e momenti narrativi che voglio esprimere durante le sessioni e le registrazioni. Allo stesso tempo però non penso mai ai generi quando le faccio.
 
Il sentore, ascoltando il disco, è quello di un enorme spazio riempito di suono che letteralmente si muove. Quanto influisce lavorare in un luogo specifico e come viene caratterizzato il risultato? Se invece di trovarvi a Callie’s vi foste incontrati all’Hotel2Tango a Montreal o ad Abbey Rosd a Londra avremmo ascoltato altro? Quando improvvisate o suonate con altri musicisti trovate mai le vostre proiezioni in qualche modo a contraddirsi? Suonare con Jules rispettivamente con Andrea è stato come preventivato?

J: Credo siamo riusciti a gestire la creazione del suono esulandolo dal luogo dov’è stato suonato. Ci siamo concentrati molto di più su forma e materiale, per poi creare un suono ideale. Non avevo aspettative specifiche rispetto al suonare con Andrea, immaginavo unicamente ci saremmo ascoltati e risposti l’un l’altro in maniera aperta. Abbiamo sensibilità estetiche simili ed è stato molto facile trovare degli spazi comuni e portare la musica dove volevamo.
 
A: Non credo che lo spazio avrebbe fatto una così grande differenza. Ovviamente, una stanza con un’ottima acustica è molto importante quando si tratta di controllare e immergersi nel suono di uno strumento, e questo influenza il modo in cui viene riprodotto il materiale musicale.
Quando ho iniziato a suonare ed ad improvvisare con Jules conoscevo i suoi suoni attraverso i suoi dischi. Non avevo nessuna aspettativa specifica ma una personale connessione con il suo suono.

Parlatemi del titolo, da dove arriva questa immagine ascensionale?
 
J: Simbolicamente, riflette la spinta verso una traiettoria ascendente che ognuno di noi stava sperimentando nella propria vita. Letteralmente sono quattro parola per “up”, stampate su uno scatolone che è rimasto sulle scale del nostro studio per molti, molti mesi, è stato portato via soltanto ieri in realtà.
 
Che futuro ci sarà per questo disco e per la vostra collaborazione? Quali piani e sogni? Possibilità di vedervi suonare dal vivo insieme?

J: Continueremo a suonare ed a registrare insieme fintanto che saremo ispirati a farlo 🙂 Credo arriverà molto altro.
 
A: Sicuramente suoneremo di nuovo insieme quando verrà il momento!