Dei Bondo il precedente Print Selections mi aveva lasciato un buon sapore in bocca, nonostante una forse troppo spiccata discendenza rispetto a progetti enormi quanto the Van Pelt e Karate. Ora tornano con Harmonica, sulla losangelina Day End dopo essere passati da Quindi con la scorsa occasione. Il suono è gommoso, diretto e libero, gli strumenti sfrecciano fra strumentali da basso imperante e la sensazione di poter partire direttamente nel cielo come uno skater ’70 in uscita da una piscina. Si aspetta Sink per sentire voce umana, su giri che ricordano le delicatezze kinselliane. Sunito dopo però il suono si sporca, partendo con una gimcana gretta e rovente come Dj Lessons che ci fa risvegliare muscoli e tendini, scaldandoci a dovere, che rimanendo in tema skate old school i Fu Manchu non sembrano distanti, anche se il recitato sotto la coltre di suono ci spinge verso un impeto maggiormente drammatico. Poi classici che sembrano ripescati dal 1993 insieme a brani più storti e personali, soprattutto dove l’unione fra calma e caos convivono senza prestar troppa attenzione alla filologia come Blink0. Il bello dei Bondo è che si sente suonano senza troppi patemi d’animo, in maniera leggera e spumeggiante, trovando spesso la chiave giusta per portare a casa brani che sono in qualche modo già dentro il DNA di chi ha seguito una certa corrente di suono. Ma il cervello dice una cosa mentre il cuore un’altra: progetto derivativo e fuori dal tempo? Omaggio onesto e sincero? Appassionati o ricalcatori? Forse sono rimasti in quella piscina per decenni senza che nessuno li scoprisse ed i pochi ad averli incrociati avevano delle belle cassette da lasciargli. Nessuna idea, ma è un rompicapo che non mi toglierà il sonno mentre la testa ondeggia sotto le loro note.