Il ritorno dei Black/Lava, dopo il disco condiviso nel 2022 con Mulo Muto, segna per il duo piemontese un momento importante: verrebbe da dire, osservano la copertina curata da Petulia Mattioli, un cambio di pelle. Hysteron, in greco antico, significa utero e da questa cavità Fabio Oliviero e Enkil estraggono una serie di brani non riconducibili a un unico genere musicale, ma che rientrano, senza tema di smentita, pienamente nello spirito del progetto. Insomma, si cambia pelle ma lo spirito rimane immutato, così come la matrice del suono (affidato ancora una volta, in fase di missaggio e masterizzazione, ad Eraldo Bernocchi).
Se nei precedenti capitoli (specialmente in Worlds Corroding Under Xenomorphs’ Ejaculations) i due avevano dato l’impressione di lavorare smontando e ricomponendo, con una sintassi slegata dai canoni della forma-canzone, il suono del metal industriale di fine ‘80/primi ’90, qui l’intento sembra essere quello di ritrovare una certa linearità, senza perdere l’impatto e il peso specifico che conosciamo: la voce sempre presente e una lunghezza dei brani mediamente inferiore al passato sono gli altri elementi caratterizzanti di Hysteron.
Veniamo dunque all’ascolto: in poco più di mezz’ora esperiamo un campionario di pesantezza e oscurità sonica interrotto solo da Sigma, piano ed elettronica sporca con la bella voce di Femina Faber a concedere una boccata d’ossigeno; ma già l’industrial-doom dell’iniziale Incudine, con la chitarra dolente di Denis Gottardo, lasciava poche speranze, indirizzando verso un percorso che la successiva Tribulatio già trasformava in un abisso: immaginate una versione post-industriale dei primi Bachi Da Pietra, dove un cupo testo esistenzialista poggia su una base di spipoli elettronici, campionamenti e rumorismi concreti. Tocca poi a Hysterion farci provare il brivido delle altre velocità alla maniera del grind digitale degli Agoraphobic Nosebleed, ma senza la scappatoia dell’estrema brevità, anzi, precipitandoci sul finale in una dark ambient da girone infernale; su coordinate simili si attestano Agoraphobico, meno sparata ma con un lavoro notevole di percussioni acustiche e sintetiche e vocalizzi sepolcrali e la conclusiva Abrumpo, con la chitarra baritono di Joel Gilardini che a tratti asseconda e a tatti stempera l’impatto rumoristico. Abbiamo tralasciato, ma è impossibile non citarla, Sociofobia, dub scorniano pesante e lentissimo, dove le pulsazioni sintetiche e i suoni da fonderia evocano un’improbabile sintesi fra il dancefloor e la fabbrica.
Contrariamente a quello che potrebbe sembrare al primo ascolto, con Hysterion i Black/Lava non si mettono in riga e non si incasellano entro generi dati: da un lato portano a maturazione certe intuizioni che erano nell’esordio Lady Genocide, dall’altro trovano, per un suono che orami combina sapientemente elementi elettrici, sintetici e concreti, diverse soluzioni espressive: un disco che apre, a loro e all’ascoltatore, infiniti orizzonti. Va da sé, tutti lividissimi.