Beth Gibbons ha sempre incarnato un oggetto in qualche modo misterioso, in grado di unire il suono della musica più intima e folk alla cinematografia più oscura. Come voce dei Portishead ha segnato uno standard, andando poi a rincarare la dose nei lavori con Rustin Man e con l’orchestra della radio nazionale polacca insieme a Krysztof Penderecki per le composizioni di Henryk Górecki.
Mai nulla meno che bellissimo, alzando quindi le aspettative a livelli estremi per il suo nuovo album, il primo in solitaria: Lives Outgrown.
Prodotto da Beth stessa insieme a James Ford e Lee Harris (unendo insieme Simian Mobile Disco e Talk Talk) è un viaggio in un mondo fantastico ed infido. I brani sono pieni di ombre, riecheggiano di sorprese ed angoli bui, sfiorando le buie tane dei bianconigli in una Burden of Life nella quale Leonard Cohen sorseggia un tè nella penombra.
Beth Gibbons spende il percorso in una forbita ed ornata forma di cantautorato, in vesti che sembrano veleggiare su alcune rotte che hanno caratterizzato anche la musica del belpaese, fra Alessandroni e De André in una Lost Changes guidata con fermezza.
A tratti gli arrangiamenti creano un insieme fin troppo carico, quasi fossero uno zoom un grado di raccogliere tutte le minzie presenti sullo spartito, quando invece un po’ d’aria in più sarebbe boccata salvifica, soprattutto nella parte centrale del disco. For Sale viaggia aspra fra la penisola iberica e la notte scuotendoci. L’impressione è che Beth abbia voluto calcare la mano eccessivamente su un materiale che avrebbe potuto godere di più libertà e leggerezza e che in questo senso regala i momenti migliori ma non riesce a farne un filo. Si soffre un pochino alla ricerca quasi ossessiva di una torsione, un tormento che risalta come trucco troppo pesante, od un’illustrazione eccessivamente martoriata.
Spiace perché non ce n’era assolutamente bisogno ed una leggerezza avrebbe giovato.
Ci teniamo strette la conclusiva e splendida Whispering Love, ed una Floating in a Moment che respira bellezza, ma rimaniamo con il preciso pensiero che non siano le vite ad essere troppo cresciute in quest’album, ma che i sarti abbiamo cucito abiti troppo aderenti e soffocanti ad un corpo bellissimo.