Bass Tone Trap – Trapping (Music A La Coque, 2007)

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Prima di entrare nel vivo della recensione mi sembra il minimo far notare che questo CD esce per quella Music A La Coque dietro alla quale si cela quel Pino Montecalvo dei troppo sottovalutati Bz Bz Ueu che in Italia facevano free jazz in tempi in cui se andava bene si parlava di posse ed al più di hardcore. Ivi ha mosso i suoi primi passi Jacopo Andreini e per quanto mi riguarda sono stati uno dei primi contatti non traumatici con la musica jazz.
Dopo questa dovutissima pippa mi risulta tutt'ora difficile credere che i venditori di scarpe (se la storia riportata nelle note interne è vera) italiani ad inizio anni ottanta avrebbero potuto registrare un disco del genere ma fra le grandi qualità della cultura anglosassone (i Bass Tone Trap sono di Sheffield) c’è quella di non aver relegato la musica ad un hobbie da teenager come è stato fatto qui per anni (…perché, ora è diverso?). Certo difficile non sorridere pensando a questi sei bianchi che suonavano musica la cui componente essenziale è più negra del Botswana. I Bass Tone Trap con tanto di formazione media di due fiati, contrabbasso, batteria e due chitarre (in realtà utilizzano altre armi) si districano agevolmente fra pezzi organizzati e folate free, rari momenti di caos e melodia. Giusto per mettere in campo i riferimenti dichiarati dallo stesso Martin Archer nelle note di copertina che accompagnano questa ristampa a distanza di ventisette anni (avete letto bene!), ci sono Ornette Coleman ma soprattutto gli Art Ensamble Of Chicago (a proposito di africanismi jazzeuse a piede libero). Eppure ascoltandoli non ho potuto fare a meno di pensare ad eroi dimenticati come i Pigpen di Horowitz che ogni tanto hanno fatto fare qualche comparsata a Zorn, con buona probabilità gli inglesi sono arrivati al punto molto prima dei Pigpen, ma facile che i riferimenti e i risultati si avvicinino, cosa che rende questo disco ancora più prezioso. Forse più jazz rock senza spingere ancora su distorsioni e prove di forza a suon di post punk, era ancora presto forse e questi sei venditori di scarpe andavano già fin troppo veloce per pigiare anche sul pedale della distorsione oltre che su quello dell'acceleratore. Per chi ama molto del free jazz rock che oggi è quasi uno "standard" una riscoperta delle radici, per gli altri basti sapere che questi davano ritmo all’immortale motto dei Big Boys: "We got soul let's take control!".