Athletic Automation – A Journey Through Roman’s Empire (Skin Graft, 2007)

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Steve Mattos, chitarra, già con Arab On Radar, e Patrick Crump, batteria, formano insieme gli Athletic Automation, e questo A Journey Through Roman’s Empire è il loro secondo album. Il marchio Skin Graft dovrebbe essere di per se indicativo e fornire le coordinate principali entro cui i due si muovono: in una parola, noise. Essenzialmente strumentale in questo caso e anche carico di una certa dose di psichedelia, dove per psichedelia si intende la tendenza dei due alla ripetizione fino allo stordimento di riff ottundenti e claustrofobici, ipersaturi e sfigurati, compressi e caricati di effetti delay, sempre sull’orlo di un esplosione/implosione/collasso che non arriva mai.

Se forse non mancano similitudini con Orthrelm e Lighting Bolt, e mi verrebbe da dire anche Microwaves, va detto che qui siamo presumibilmente ad un livello di demenza più minimale: l’idea è di qualcosa di fuori controllo, trattenuto a stento, come se questi Athletic Automation dopo essere passati alla discarica del rock a raccogliere i riff buttati via dagli altri, ed averli masticati e ruminati a dovere, tentassero di comprimerli in strutture definite: il risultato è una potente poltiglia sonora, malsana e urticante, capace letteralmente di tagliare le orecchie, strabordante da ogni lato. La formula è poi arricchita da paludose dilatazioni che a tratti, soprattutto nel caso della conclusiva The Smaller Ball Game, assumono la forma di ruvide divagazioni harsh. Bel dischetto, in conclusione, e se non fosse per la tenuta da basket e pantaloncini corti anni ‘80 che i due indossano durante i concerti che lascia intuire la vena ludica e ignorante con cui i partecipanti affrontano questa apocalisse sonora, ci sarebbe quasi da aver paura.