È un mare in burrasca quello degli Arrrgo, che in nove tracce mettono in scena un debutto che riesce a mettersi in evidenza quanto più si allontana da stili ormai troppo caratterizzati (i Massimo Volume di Preistorico, il capovilliaco vociare qua e là). Ma tecnica e cattiveria ci sono ed il suono è plastico, grigio e portuale. Più che un cantante al microfono c’è un affabulatore che ci porta con sé nel suo folle viaggio, sostenuto a dovere dalla sua ciurma. Il topos marino li aiuta a rimanere credibili fra marciume e follia, con una Hijo del Rayo che si staglia come un piccolo classico, arrembante e disperato.
Una volta presa l’onda giusta si vola, nell’elastico hardcore dal cuore di Avanti tutta, dove si vorrebbe sentire l’urlo a mollare gli ormeggi e scheggie di suono in frantumi. Dimitri è inquietante fotografia di un uomo in mare, lacerato e visionario, mantre Don Benito abbraccia lo spagnolo in un singalong nervoso irresistibile, per chiudere, Mentre il mare muore, con una delle frasi più belle sentite negli ultimi tempi: “…ci sentiamo forti con gli slogan dell’emo / siamo più preziosi di un presente bieco…”
Un viaggio ancora derivativo ma che di certo, fra il Piemonte e Bologna, Barcellona e Chicago, raccoglie elementi più che validi con ottimi spunti personali. Aspettiamo il prossimo naufragio affinché fioriscano, l’equipaggio sembra essere tignoso e temibile.