Con il mio solito ritardo mi accingo alla recensione di un disco che nonostante il genere ha attirato la mia attenzione, da parecchio infatti non vedete una mia recensione di dischi indierock provenienti dal belpaese: non è un caso, non crediate che non mi capiti di ascoltarne, il fatto è che non trovo nulla di cui sia stimolante scrivere, né in positivo e neppure in negativo; fanno eccezione i torinesi Armstrong? che sono riusciti ad interessarmi con la loro musica fin dal primo ascolto.
Il genere suonato non è nulla di originale, diciamo che tutto si basa su delle belle melodie cantate con voce delicata e pezzi costruiti su di un indierock dai suoni cristallini, pulito, preciso e condito da una spruzzatina di emo/postrock di quello a metà tra il Polyvinyl e il Deep Elm: arpeggi di chitarra, qualche accenno di distorsione, batteria perfetta, pulita, secca e vivace, e spesso un frizzante andamento mid tempo… certo niente all'ultima moda, quindi scordatevi il revival wave ottanta e il neo/archeo/folk, al limite un altro riferimento può essere un retrogusto che viene da lontano, certo rock west coast dei '60/'70, però la sostanza è che i pezzi sono costruiti così bene che non viene mai da farsi troppe domande sul cosa e come suonino: le undici canzoni di Collateral si riescono a godere tutte d'un fiato. Un cenno doveroso deve andare alla bella grafica e alla registrazione ottima con mastering di Carl Saff.