Dopo Nova è un piacere riappropriarsi all’opera del norvegese Erlend Apseneth, qui al comando di un ensemble che prevede la presenza di altri tre Hardanger fiddles oltre ad un contrabbasso, due batterie (ed elementi percussivi), flauti, synth ed organi, sassofoni e fisarmonica oltre a comparse vocali per un viaggio sempre al limitare di una musica contemporanea che si abbevera al crocevia fra folk, jazz e sperimentazione, in grado di tramandare nell’iniziale Straumen forbi un impulso epico nel crescendo prima di un finale nel quale i musicisti si rimbalzano una trama fine e certosina. I natt sembra la rappresentazione nipponica dei voli e degli atterraggi di un piccolo stormo di uccellini ed è assolutamente incredibile, per delicatezza e colore. La title track (canzoni sulla polvere) è la dimostrazione pratica di come si possa fare musica eterea e leggera anche usando le maniere e le materie forti, gonfiando la massa dei suoni e facendoli cozzare lievemente uno sull’altro, con una capacità di direzione e di unione ragguardevole! Ritmo, groove, la voglia di trascinare con sé quanto si possa rendendosi improvvisamente conto di veleggiare su una nuvola leggera ed in qualche modo intima, quasi un’illusione auditiva che sorprende e libera ogni possibilità, facendoci commuovere con voci che arrivano direttamente al nostro centro nevralgico. Spring ha mosse leggere, liquide e sfuggenti riuscendo ad ondeggiare fino a farsi tosta e decisa, in un perenne ondeggiare fra ferro e piuma di breghiana memoria e mentre Trø indugia ancora fra cielo e terra è Samdrøm a sferzarci con la sua bellezza, vero e proprio gioiello incastonato nel terreno nudo e crudo.
Sono passati tre anni da Nova e sono sempre più convinto che Erlend Apneseth, che ha soltanto 35 anni e che incide regolarmente da 12, sia un musicista meraviglioso.
Arlend Apneseth – Song over støv (Hubro, 2025)
