Malinconico e ondulato il groove dei genovesi Antea ricorda sì i più ispirati Tool, ma al contempo, con l’incalzare degli strumenti in primo piano (brani prevalentemente strumentali o declamati), si pone sempre maggiore attenzione alle trame che intersecano il tessuto dei pezzi. Sicuramente nelle ambizioni del giovane quartetto ci sarebbe la volontà di riprodure le incontenibili architetture subacquee dei mancuniani Amplifier, ma il risultato non riesce al cento per cento per il fatto che i musicisti, nella spasmodica ricerca di buttar giù tutte le idee che passan loro per la testa, talvolta perdono il filo del discorso, una lacuna di molti lavori di progressivo moderno. La produzione comunque è ottima e minuziosa negli arrangiamenti e quindi, tenendo a mente che è un esordio, certe ingenuità di sviluppo del pezzo si possono pertanto perdonare. Un disco per quelli che dicono di odiare il progressive a parte i Dream Theatre e per quelli che amano duecento riff dentro una canzone di otto minuti.