Andrea Belfi & Jules Reidy – dessus alto oben up (Marionette, 2024)

Fra il 2022 ed il 2023 ho avuto la fortuna di ascoltare e di poter scrivere di tre album che hanno visto protagonisti Jules Reidy ed Andrea Belfi su queste pagine, trovando in ogni occasione una gran quantità di bellezza e di delicatezza sparse fra le tracce.
Quando ho visto l’annuncio di dessus oben alto up le mie antenne e le mie aspettative si sono alzate si da subito. Un duo chitarra e batteria fra due dei miei musicisti che più mi stanno sorprendendo nell’ambito, ideato e registrato in una ex fabbrica berlinese durante una residenza artistica. Due brani per lato, mondi che si incontrano nel suono e nello spazio. Mondi che si incontrano anche grazie al supporto tecnico di Marco Anulli, che riesce letteralmente a farci vivere un suono che si muove. Dessus sembra muoversi fra le stanze, prima cheta per poi crescere di massa, mantenendo però una pulizia ed una distinzione fra i mille suoni utilizzati che ha qualcosa di mirabile. Una musica che dimostra la maturità dei due artisti in loco, abili a colorare insieme una tavolozza che rimane illuminata, cambiando in continuazione senza essere mai dispersiva. Non abbiamo certezze su quanto duri il brano, considerando l’ascolto in una traccia unica del primo lato del disco (digitale, in cuffia) ma subito ci rendiamo conto di quanto questo sia superfluo: basta ascoltare il continuo e battente riscuonare delle corde di Jules e le bacchetta di Andrea dopo 15:50, quando dobbiamo trattenerci dall’applaudire, sorridendo insieme alle nostre aspettative. Oben è più aspra, potente, ipnotica ed oserei direi incazzata se riusciamo ad immaginare un nervosismo che si libra comunque metri sopra alla bassezza terrena ed umana. Un incedere che monta e non cala, aprendosi di luce e partendo per una tangente aerea che sembra un’incedere fiatistico prima di iniziare una discesa dove si incastrano suoni liquidi e secchi, corde e pelli invischiate in unguenti che danno uno swing quasi jazz in un sottofondo incredibile.
È il momento di alto, che inizia con una genesi nel quale quelli che sembrano pattern digitali si sposano con un suono chitarristico arcaico, uguale a se stesso, per creare con la batteria un’immediata atmosfera spazzata dal vento, che con il passare dei minuti cambia per erosione, diventando sempre più l’ombra di se stessa. Nel frattempo però siamo già nell’up più dimesso che ci si ricordi, quasi un incedere restio verso la fine di un lavoro che si vorrebbe come un fluire continuo ma che pende per andare verso al proprio esaurimento, come un bastone della pioggia forato dal quale fuoriesce il contenuto. dessus oben alto up è finito, viva dessus oben alto up.