Questa musica è un piano sequenza.
Si muove nel tempo e nello spazio, tra le persone e i loro sentimenti. È una vibrazione che attraversa tutto, portando un messaggio universale.
Dove Andrej Tarkovskij chiude Nostalghia con un piano sequenza spirituale più che cinematografico, Alessandra Novaga inizia questo suo nuovo viaggio. San Galgano, luogo magico e carico di storia, è l’immagine perfetta dell’esistenza umana, fatta di slanci vitali e sentori della fine, grazie anche alla sua precarietà.
La compositrice compare in copertina proprio all’interno dell’abbazia di San Galgano. La fotografia coglie non solo il luogo, ma forse anche lo spirito dell’opera: dalle aperture filtra un sole forte che inonda Alessandra di luce e calore. Questa impetuosa luce solare, come il fulmine del 1786 che bruciò il tetto della chiesa, è un segno di cosa sia questa musica, profondamente terrena e mistica allo stesso tempo.
Ascoltando le prime note delle sei composizioni del disco, ho subito pensato a questi versi della poesia 10 giugno di Pier Paolo Pasolini:
Io sono una forza del Passato
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle Chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi,
dimenticati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine,
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti del Dopostoria,
cui io assisto per privilegio di anagrafe,
sull’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
Più moderno di ogni moderno
A cercare fratelli che non sono più.
La musica di Alessandra Novaga oggi, per il mio sentire, è esattamente questo: una forza del passato fortemente ancorata nella tradizione, ma capace di essere più moderna di ogni moderno, portandoci sull’orlo estremo di un’età sepolta. Questa musica ha un andamento lento e maestoso. Ogni singola nota ha respiro e spazio per brillare della luce calda che irrompe dalle finestre dell’abbazia. Anche quando sembra incresparsi, tutto rimane quieto ma sottilmente inquietante, come nelle pellicole di Tarkovskij. Come uno Stalker, questa musica si muove alla ricerca di un passaggio verso altre dimensioni, e noi, testimoni di tutto questo, non possiamo che seguirla.
La chitarra si trasfigura. Caratteristica unica di Alessandra Novaga è usare il suo strumento come un passaggio, un tappeto volante, un emissario del profondo sentire della musicista e dei mondi in cui ci porta in ogni suo disco, da Rainer Werner Fassbinder a Derek Jarman, fino ai due immensi artisti che rivivono e vivono di rinnovata vita in questo suo The Artistic Image is Always a Miracle.
Rigoroso è l’aggettivo che ho da sempre attribuito alla musica della Novaga. Un rigore percepibile nelle architetture sonore e nei silenzi di questa musica. L’essenziale vive in questi solchi, le note e il loro lento e riflessivo susseguirsi sembrano lì da sempre, come se un forte vento avesse riportato alla luce questa antica e futuristica musica. Qui non esiste il tempo: è come se tutti i tempi si coagulassero in questi suoni, riverbero dell’esistenza, traccia di un passato arcaico e segnale di un futuro ancora da arrivare.
Siamo da subito al centro di uno splendente labirinto sonoro. La chitarra, grazie all’intervento miracoloso della musicista, si fa essenza, luce e vibrazione sacra. L’incedere lento e inesorabile delle composizioni ci porta allo scrittoio di Johann Sebastian Bach, a osservarlo mentre un raggio di luce penetra dalla finestra, illuminando lo spartito tra le sue mani. Questa musica, come poche altre, sa essere vibrazione vitale ed eterna.
Confrontarsi con Bach e Tarkovskij nello stesso disco sarebbe stato semplicemente folle per qualsiasi artista, ma la Novaga non è un’artista qualsiasi. Penso che sia un’artista unica, con un grande dono che, attraverso uno studio incessante, un grande coraggio e un profondo amore per la musica, riesce a farsi strumento, cassa di risonanza dell’invisibile, del sacro e del grande miracolo che è l’esistenza, esattamente come le opere dei due artisti a cui è dedicato questo lavoro.
Il gesto fisico del suonare di Alessandra Novaga mi ricorda la profonda e incessante preghiera dei monaci, che fermamente credono che il loro pregare possa cambiare le sorti del mondo.
Elencare e descrivere il lucente svolgersi dei sei brani mi è sinceramente impossibile e, dal mio punto di vista, non essenziale. In alcuni rari casi non è possibile descrivere un’opera, ma solo invitare ad avvicinarsi ad essa nella convinzione che questa opera d’arte sia importante e abbia una forza primordiale che possa cambiare in meglio le cose e le persone.
Torniamo al piano sequenza, che può essere due cose diametralmente opposte: una dimostrazione spettacolare di bravura tecnica o un dispositivo artistico che, eliminando il confine tra realtà e finzione, crea una nuova realtà intensa e più vera del vero. A mio parere, la musica di Alessandra Novaga è esattamente quest’ultima, e noi, fortunati ascoltatori, ne siamo i testimoni.