È folk scuro, vissuto ed intenso quello promulgato dagli Albireon. Una cappa nebbiosa che sembra uscita dai film di Pupi Avati ed un’onestà popolana, come se i brani uscissero direttamente dalle mura delle case più antiche. Nei brani ci sono mondi interi, mondi vissuti camminando tra gli Appennini emiliani, assorbendo le energie. I sentieri da seguire di Fosfena, il viaggio dei pianeti in Analemma, il profumo della pioggia e del fuoco in Petricore. Il canto di Davide Borghi è in qualche modo puro, non sacro perché non si respira l’odore della cotta ma impregnato di credenza, tradizione e rispetto. Una sorte di ode alle proprie radici ed al proprio territorio. La musica può avere un sottotesto aspro come in Akela, ma sono solo istanti, interminabili come le veglie della sentinella o fugaci come apparizioni magiche. Così il lupo di Kipling diventa un archetipo, dello stesso nostro sangue, in un brano che però gela il contenuto delle nostre vene, tra voci che si sdoppiano, soffi, fischi e, sullo sfondo, un umanità che forse conserva ancora delle speranze. Sentinella richiama i CSI più tribali per spostarsi poi con le successive Effemeridi ed Eriche in una sorta di new wave che lascia dietro di sé il folk e tiene solo intensità e nebbia, filando dritti sulle strade di campagna. Musica che della forma conferma solo lo scheletro, scarna e pungente, umida di pioggia e tuttavia in grado di colpire per pathos, equilibrio e suono, regalandoci anche la sorpresa della voce di Marta Bizzarri che suggella il tutto. A questo punto succede qualcosa, sembra aprirsi una porta che riversa con Lycaena Albireon in pieno territorio free folk psichedelico, fra flauti e trame vocali sovrapposte per cinque minuti di pura magia. Quasi come fossimo già passato agli altri mondi, alle lontane stelle Davide, Marta, Carlo e Stefano hanno letteralmente lasciato gli ormeggi e sembrano danzare in una scia luminosa, in riva al mare fra arenaria e scintille. Sta a voi scegliere, se aggiungervi alla danza oppure rimanere distanti a guardare le stelle.
La musica di Albireon non ha carezze né prosopopea bensì un’onestà povertà che riecheggia di un passato quasi ancestrale, nel quale sono gli elementi e gli astri ad avere l’onore delle odi, a sancire dinamiche naturali ed equilibrate, magiche finanche, tra farfalle e falene. Sentire una voce ed un filo di chitarra solitaria a difendere un trono, una posizione arroccata e legittima in Arenaria, lontanissimo da scene e trend, giusto un tappeto sonoro sul quale librarsi un giorno prima di morire.
Credo fermamente che musica come questa potrebbe e dovrebbe inserirsi in una storia classica, venendo valorizzata e riconosciuta come importante per un territorio ed una cultura e mi pacerebbe immaginare che di cui ad 80 anni forse si canteranno alcune di queste Effemeridi. Per ora le stringiamo a noi, come conchiglie portate via dal mare e serbate in un cassetto.
Albireon – Effemeridi (Toten Schwan, 2024)
