Del bellissimo spettacolo organizzato all’oratorio di San Lupo a Bergamo un anno fa parlammo a suo tempo nella sezione live. Proprio dal quell’esperienza – sebbene le registrazioni siano precedenti all’evento – nasce questo disco: una session che Alberto Boccardi (che di Sanlupo fu uno dei promotori) registra insieme al Coro Antonio Lamotta diretta dal maestro Davide Mainetti, per poi inviare il risultato a Lawrence English, dall’altra parte del mondo. Partendo dallo stesso materiale i due musicisti sono poi arrivati a conclusioni affatto diverse.
Sul suo lato, l’italiano fa sfoggio di quella sensibilità melodica che lo caratterizza e dà vita a una composizione divisa in tre movimenti e improntata a una certa immediatezza. A un’introduzione di synth brumosi, addizionati strada facendo da strati di rumore, segue un pezzo animato da una pulsazione quasi cardiaca, dove il crescendo spettrale del coro trasporta l’ascoltatore verso altezze siderali fino all’inevitabile, improvvisa caduta. A consolarlo e concludere la sequenza, un brano animato da una tenue vibrazione, uno specchio d’acqua leggermente increspato in cui è piacevole e pacificante naufragare. Con l’aiuto di contrabbasso, corno francese, sax e violoncello, Boccardi fa rivivere le atmosfere della serata bergamasca, ma Drops, Salt e Ask Me Next Life (questi i titoli dei tre movimenti) sono un ascolto consigliato anche – e forse soprattutto – a chi non fosse stato presente.
Meno lineare, per certi versi diametralmente, è il lavoro di English. Qui il coro, posto in apertura, appare appannato, privo di spessore, incapace di elevarsi sopra quella coltre nebbiosa di rumore che finisce per inghiottirlo. Ne ritroveremo l’eco successivamente, quasi un canto di sirene, mentre staremo navigando fra paesaggi indefiniti, dove le forme sonore non sono mai perfettamente delineate e ci si sente un po’ persi, senza appigli che permettano di abbandonarsi al flusso sonoro. Ugualmente sperso appare il musicista, incapace di imprimere una direzione chiara alle composizioni, sebbene il titolo apocalittico del suo lato (The Rock That Tear The Ocean) possa far pensare a una volontaria incomunicabilità. Molto meglio dunque il lato di Boccardi.