Alberto Boccardi: dall’inizio alla fine, in apnea.

Apnea di Alberto Boccardi mi è sembrato, ai primi ascolti, un lavoro pensato ed importante. Un lavoro che si concentra sugli affetti, sulla famiglia e suona leggero, quasi candido. Un disco, il secondo di Alberto ad uscire per la Room40 di Lawrence English ed un disco che arriva a 12 anni dal suo debutto, in un percorso che regolarmente, ogni due anni suppergiù, fa emergere Alberto come una sicurezza in ambito sonoro, sia in solitaria che in compagnia (di Stefano Pilia, con i BBM insieme a Paolo Mongardi ed Antonio Bertoni, con Maurizio Abate).
Decido quindi di contattarlo per un’intervista che molto gentilmente mi concede ed iniziamo a chiacchierare…

Ciao Alberto! Grazie mille per la tua disponibilità…siamo giunti ormai ad una dozzina buona d’anni dal tuo debutto. Come hai iniziato a suonare ed a pubblicare seriamente?

Io ho iniziato a pubblicare con la mitica Fratto9 under the Sky Records. Il mio primo disco con lui e forse dopo un anno o due uno split con Lawrence English (2012 e 2013 in realtà, ndr.).

Come inizi a suonare? Hai una formazione accademica oppure…

Io ho una formazione di batterista in vari gruppi punk. Sono valtellinese, di Morbegno ed ho suonato per tanti anni la batteria prima ed il basso poi in ambito punk e crossover.

Pubblicando qualcosa?

Sì, sì, sì, era un gruppo che nella zona valtellinese si muoveva…Lago di Como, Milano, era relativamente noto ai tempi, i Brainsick. Avevamo pubblicato delle robe autoprodotte, poi la gestione del gruppo era una cosa complicata quindi son passato a far delle cose da solo, sostanzialmente è stato questo. Poi in realtà nel primo disco qualcosa di questo suono c’è, poi con il passare degli anni si è perso…

C’è stato qualche incontro, disco o qualcosa che ti ha portato sulla strada attuale, considerando che dal crossover all’elettroacustica un po’ ce ne passa.

Certo, il trigger, diciamo così è stata la spinta di un amico carissimo, un attore che ora insegna Storia della Fisica. Si chiama Roberto Lalli, uno dei miei migliori amici che, sapendo della mia passione della musica mi disse: “Dai, facciamo insieme uno spettacolo teatrale!” In realtà io già smanettavo, la prima cosa che mi ero comprato era una Roland grovvebox MC 808 un po’ per cazzeggio ed un po’ per curiosità. Poi in realtà gli ascolti li ho sempre fatti contaminati. Lavorando all’estero poi, per l’Eni, girando molto. Lavoravo in Tunisia, avanti ed indietro, volevo sviluppare la musica ed ero da solo, così ho iniziato un po’ questa strada ed è partita. Questo amico però mi ha motivato molto ed è stato molto presente: all’inizio abbiamo fatto uno spettacolo teatrale molto bello chiamato Eterefolli, è stato anche premiato qua e là e mi occupai delle musiche, partendo così…
Ho tenuto questo contatto con la danza per parecchi anni, suonando spesso con varie compagnie , con la Shuko, Cinzia de Lorenzi, Marta Luchini. Cinzia tra l’altro è un’amica carissima, ha una voce molto bella ed ha cantato in molti pezzi sui miei dischi.
Poi ho fatto in parallelo delle cose audio-video con un amico, all’epoca andava forte questa cosa di Claudio Sinatti del collettivo Otolab. Avevano lanciato questa cosa del mapping sulle pareti in tempo reale, creando Any Better Place, nel quale io facevo le musiche e lui faceva queste cose in real time un po’ psichedeliche….

Poi entri anche nell’AIPS (Archivio Italiano Paesaggi Sonori), è corretto?

Bravo, è vero. Ho fatto tanti anni nell’AIPS con tutti quanti i ragazzi di quel filone. C’era già l’AIPS e diventai molto amico di Attilio Novellino. Feci anche un tour in USA ed in Canada con lui, che andò abbastanza male per diversi motivi, poi entrando nell’AIPS suonammo al Café Oto, all’epoca andammo allo Spazio O’ a Milano, suonammo a Bari. All’epoca c’era molta energia, c’era Fabio Perletta

Ricordo di aver intervistato per Radio Gwendalyn, 2014, Francesco Giannico dell’AIPS. Una scena che comunque è continuata, sembrano tutti attivi e belle personali.

Sì, ognuno ha presa la sua strada, anche se alcuni poi ne sono usciti. C’era il mitico Giulio Aldinucci..

Enrico Coniglio..Barbara de Dominicis…

Certo, un carissimo amico. Anche Alessio Ballerini…chi c’era anche…Nicola di Croce, un bel giro. Giovanni Lami, Pietro Riparbelli. Sì, Fabio Orsi forse anche?

Era un gran bel giro ai tempi sì, c’era Gianmarco del Re che ne scriveva su Fluid Radio

Vero, Gianmarco spingeva moltissimo, ci diede una bellissima copertura ai tempi, ci intervistò portandoci in giro…ultimamente non sento più molto Fluid Radio, non so quanto attiva sia…


Alberto Boccardi & Invisible Show – SANLUPO (Live)

Ed ora sei arrivato, con quest’ultimo Apnea, a fare un disco familiare praticamente!

Sì: diciamo che non è quello che volevo fare ma me ne sono accorto alla fine, dopo, con Lawrence. Lui è un amico, dal disco poi abbiamo fatto un tour insieme, è giâ il mio secondo lavoro che pubblica ed avendo questa vita un po’ raminga (con lafamiglia che mi segue a volte sì a volte no) cerco sempre di mettere qualcosa della mia vita personale in tutto quello che faccio. Tre dischi fa con Cairo in primis, dove ho vissuto per diversi anni, poi il lavoro con Stefano Pilia, i BBM per Litio ed un altro uscito per Superpang solo in digitale, un disco della madonna al quale sono affezionatissimo che non ha avuto secondo me il riscontro dovuto. Non perchê ci abbia suonato io ma Paolo ed Antonio sono due musicisti fichissimi e meriterebbe un riascolto.


Alberto Boccardi & Stefano Pilia – Dayira Pt I

Quanto tempo fa è uscito?

Gala dei BBM è uscito tre anni fa, all’altezza di Petra

È vero che con il digitale a volte ho il sospetto venga meno considerato, anche se poi allo stato attuale del disco fisico vendi 100 copie, che è una cifra assolutamente irrisoria.

Certo. Superpang poi era un’etichetta che pubblicava un casino di roba solo in digitale molto molto bella. Un’etichetta di un ragazzo romano, Christian De Vito, che era riuscito a farsi questo network con grafiche basic super minimali e produceva. Promo praticamente nulla ma ad esempio se andavi su Boomkat trovavi tutto. Aveva una gran bella reputazione, andava in giro e pubblicava artisti che sono andati su Mego e roba del genere, con un sacco di produzioni.

Vedo, vedo, diverse cose molto interessanti! Forse però siamo arrivati ad un punto nel quale escono talmente tante cose che perdere dei dischi è inevitabile, difficile seguire tutti.
Mi metto nella mia ottica ma pensando ad un ascoltatore normale, quello che dovrebbe essere il vostro pubblico è la morte…

No, non ce la fai. Calcolando che la giornata sono 24 ore ed uno deve mangiare, dormire.

Non pagandoci poi per ascoltare la roba…vero che poi la musica non ha data di scadenza e può essere recuperabile dopo anni però è certo che così è difficile capire cosa stia succedendo.
Bisognerà farci i conti con questa cosa.

Io la prendo così come viene. Fai il disco per te personalmente cercando di agganciarci delle date e comunque basta che il tuo nome stia in giro, si crea attenzione, poi il disco magari non viene ascoltato con attenzione però capisco, anch’io non è che abbia tutto questo tempo per ascoltare tutti i dischi.

Considerando che non sono di norma dischi semplicissimi che ascolti una volta una tantum in auto. Trovo che però ci sia un’offerta, anche solo in Italia, molto alta.

Molto alta. Quando ero giovane (ho 44 anni) chi pubblicava su etichette estere erano pochissimi. Io ho pubblicato un disco, su cassetta, su Important Records, che all’epoca probabilmente non aveva pubblicato nessun italiano. Eravamo in pochi: Lorenzo Senni su Mego, ora trovi itailiani su PAN e su tutte le etichette del mondo. L’unico che vendeva fuori ai tempi era Giuseppe Ielasi, Nicola Ratti aveva fatto qualcosa su Preservation (Ode, del 2009, ndr.). Ielasi uscì su 12K di Taylor Dupree ma credo avesse giâ fatto anche qualcosa su Mego ed Häpna, dove incise anche Andrea Belfi.

Vero, poi ci fu anche il momento di Andrea Belfi, Claudio Rocchetti…

SÌ, anche loro che sono un pelino più vecchi di me. L’altro italiano fra i primi era Valerio Tricoli, che già aveva fatto diversa roba su PAN.

Vero che forse all’epoca la situazione era meno provinciale, probabilmente non ascoltavano un tuo disco perchè eri italiano ma perchè eri al livello di quella scena. Credi che la musica sperimentale fosse legata al territorio come un gruppo rock od un gruppo pop? Il tuo pubblico potrebbe essere cinese come venire dal Botswana…

Sì, all’epoca un po’ meno perché non avevi internet, adesso sì. Probabilmente ora pubblichi in Giappone come se fosse una cosa normalissima e magari non ci sei mai stato.

Il fatto che tu abbia girato e giri parecchio epr lavoro ti ha aiutato? Hai cercato di unire le cose?

Sì, sì, mi aha aiutato Come dicevo ho sempre cercato di mettere quel che vedevo e vivevo nella musica. C’è stato il cairo e l’Egitto, il Kazakistan dove avevo vissuto per un periodo ed il disco con Lawrence nasce anche lì, la foto di copertina è una foto scattata in loco. Quindi sì perché le cose che vedo e che faccio entrano nel lavoro. Non sono, diciamo, come diversi amici che ho, così appassionato alla tecnica ed alla ricerca sonora in quanto ricerca sonora. Noi sperimentiamo passando da macchinari a fonti sonore diverse, magari per un periodo lavoro coi field recordings ed in un altro perido ti muovi su altro in un percorso di ricerca. Quelli più nerd si concentrano sul suono in quanto tale ed altri, tra i quali mi ci metto, molto più emotivi ed emozionali. Il momento di questi due tre anni, essendo padre di due figli, una di due ed uno di sette, ho sempre cercato di inserire queste cose, le sensazioni ed il vissuto di quel periodo, agganciabile a momenti precisi.

Hai poi percepito che questa cosa avesse un riscontro? L’Egitto, il Kazakistan rispondono in qualche modo? Hai mai avuto un contatto con persone del luogo sul momento o che hanno riconosciuto ciò che hai fatto nei dischi?

SÌ, sì, io in Egitto ci sono stati diversi anni pubblicando un disco per un’etichetta egiziana, ho organizzato concerti in casa diventando molto amico di tutta una scena egiziana. Zuli è un amico, 3phaz, che al momento è abbastanza hype è uno dei miei migliori amici e con lui organizzavamo serate nelle quali passavano tutti. Maurice Louca è un amico carissimo, Nada El Shazly è un’amica. L’Egitto ê stato un momento molto prolifico perché, grazie a Fabio Carboni di Soundohm che mi disse di sentire Hicham di Nashazphone, da lì fu molto facile entrare nel giro. Pur essendo Il Cairo una città da 15 milioni di persone chi ascolta queste cose magari erano cinquecento ed organizzando queste cose, prima una serie di concerti mensili chiamata Canale 11 insieme a mia moglie, Sara Pagani. Sono passati circa sei anni ma abbiamo fatto un sacco di concerti, tutti gli italiani del giro più o meno sono passati da noi. Poi ho conosciuto Alan Bishop dei Sun City Girls e Sublime Frequencies, c’era Sam Shalabi, un sacco di roba…

Ma le differenze tra l’essere musicista sperimentale in Italia od al Cairo?

Beh, un altro mondo! Devi andare via da Il Cairo, Zuli e 3phaz son dovuti partire…in loco ci son le occasioni ma fuori dalla città devi venire in Europa con l’aereo. Ci sono 15 milioni di abitanti m ala scena è seguita da un audience molto ristretta…

Te lo chiedo perché essendo io principalmente eurocentrico sono interessante a capire come queste cose funzionino localmente. Se penso a Nyege Nyege Tapes in Uganda credo che una realtâ del genere possa vivere soltanto in loco ed irripetibile, avendo una connotazione molto definita. Recentemente ho visto una serata a Milano organizzata da Artetetra con gruppi indonesiani ed anche lì si percepisce una musica ed un’impostazione non filtrata che da qui è difficilmente immaginabile. La stessa Svizzera dove vivo, se fossi nato in un cantone di campagna difficilmente avrei avuto accesso a molti di questi canali e musiche.

Certo: l’Egitto ê stato fondamentale ed anche in Kazakistan ora ho un nuovo progetto che non so come andrà ma sicuramente entrerà nel mio lavoro. Non so se a livello di suono, nel senso di prendere un liuto locale ed inserirlo, mi sembrerebbe banale pensarla così ma in maniera più personale. È una cosa mia, non è che poi per chi ascolti i miei dischi la cosa sia così facilmente connotabile.

Credi? Io ho sempre pensato che il luogo di ideazione e di registrazione comunque lasci uno strascico. Se penso ad un disco registrato in una chiesa in Svizzera tedesca o su un fiume a Montreal sento energie differenti. Sarebbe da provare coi tuoi dischi per capire come tu sia riferibile in questo senso.
Mi interessava questa cosa della famiglia però…non so se tu conosca Matteo Uggeri..

Certo! Anche lui ha fatto parte di AIPS! Era molto amico di Gianmaria Aprile…

Il suo ultimo disco, Growth, così come il precedente, sono lavori molto basati sulla famiglia, più votati al personale che all’ambientale, considerando la famiglia come produttrice di suoni, versi e rumori che poi diventano il tuo ambiente.

La similitudine, ti dico, nasce così. Ero interessato a creare delle tracce, layer registrati anche in una maniera autonoma, sovrapposti anche magari in maniera casuale vedendo cosa saltasse fuori. Ogni layer rappresentava, nella mia testa (questo l’ho capito dopo) un tipo di memoria. Erano pattern o layer con un beat molto puntuale o layer molto dilatati, semplificando. Uno spora l’altro diventavano pezzi di memoria: una memoria molto istantanea, una memoria molto rarefatta, cambiamenti sulle due memorie creando strati mettendo insieme queste tracce composte. Nella mia testa rappresentavano l’evoluzione della memoria e l’evoluzione della percezione della memoria. Perchê la famiglia? Perchè i cambiamenti che in quel momento io, la mia memoria ed i miei ricordi stavano vivendo mi rendevo conto che, da un lato era tutto molto veloce: coi bambini hai bisogno di una memoria istantanea, essere molto rapido a fare le cose, memorizzare meccanismi ed azioni ,momenti contingenti. Memorie istantanee che associavo a percussioni più frenetiche e cose che nel retropensiero agivano in maniera molto più lenta. Mi sono accorto dopo due anni ad esempio che mi comporto esattamente come mio padre. Questi cambiamenti, percezioni e riflessioni che cambiano in maniera molto rapida contro cambiamenti dilatati e sfrangiati nel tempo che percepisci molto dopo. Questo contrasto si sposava con i pattern ed i layer sonori.

All’ascolto di un lavoro del genere quanto devo saperne? Prima parlavamo di Fluid radio, ora penso a Battiti: sto ascoltando una trasmissione e passa un pezzo di Apnea. Dico “bello, un nuovo pezzo di Boccardi!”. Quanto l’ascolto dev’essere filtrato da questa storia e quanto deve vivere da solo? Se mi ascolto Apnea con un comunicato stampa ho una lente, se lo faccio oncline senza un’immagine di copertina ho un altro tipo di viaggio. Da musicista cosa pensi sia importante? Fruirlo come suono o come storia completa?

È assolutamente fondamentale che piaccia senza alcun tipo di filtro, dev’essere ascoltabile, bello, riconducibile, appassionante, stimolante da solo. Una cosa molto bella mi ha detto Lawrence, mi diceva: “Scrivere di musica è praticamente impossibile”. Questa cosa è vera, ahimé, e mi spiace. Quando mi sforzo di scrivere (e per questo stimo tantissimo che si prodiga nello scrivere recensioni) credo sia fatta solo per l’ascolto e scriverne sia quasi utopico. Perchê ti dico questo? Perchê quando faccio il disco, dopo l’etichetta, Lawrence mi dice: “Ok, le linear notes?”. Una cosa della quale vado molto fiero è che le linear notes le ha scritte Kassel Jager (aka François J. Bonnet). Anche in questo caso mi piacerebbe che la gente ascoltasse Apnea e gli piacesse ma capisco che debba dargli un contesto, è corretto. Chiamai lui chiedendogli di scriverne e lui scrisse una descrizione molto bella. È un’artista e riesce anche a scrivere molto bene di musica, ma per me, come Alberto ed in generale è molto difficile. Provi a raccontare, a tradurre quello che è irraccontabile. Non so se ti ho risposto ma appunto, credo che il disco debba star su.

Mi hai risposto, certo, è una domanda che mi torna spesso, concordo sul fatto che il disco debba reggere, ma sono convinto di poter ascoltare Apnea senza saperne nulla ed amandolo per poi approndire secondo la tua visione. La sensazione che ho a volte è che la musica possa essere declinabile in centomila modi a seconda delle linear notes e lì secondo me non funziona e ci si perde. Avevo datto il parallelo con Uggeri proprio perchê sentendo famiglia e suono, vedendo la copertina, sono portato in un determinato mondo e ci ritrovo un senso musicale all’interno.

Beh, è molto bello, grazie, è segno che trovi una coerenza fra le cose. A volte appunto, essendo difficile scrivere di musica e mettere a terra quello che ti ha portato a produrre un lavoro non è semplice.

Per quanto riguarda il lavoro direi che ci siamo, poi passeremo alle prossime mosse. Dove e quando l’hai composto?

In Sicilia ormai qualche anno fa. La notte, mentre ero da solo e dovevo alzarmi per la pappa piuttosto che il pannolino…le prossime mosse invece è un progetto che chiama KZK, un duo che per ora è top secret. Cioè non è top secret ma sarâ una cosa più particolare ed elettroncia con un amico musicista di Roma. Poi sto preparando qualche data live per questo autunno e spero di farne diverse.

Saranno date relative ad Apnea quindi?

SÌ, sarà Apnea tour, il disco dal vivo, poi il lavoro va avanti e ci saranno sicuramente delle cose nuove.

Salirai a Milano?

SÌ, suonerò allo Studio Isciān, un nuovo spazio che da un anno fa delle belle cose, a fine ottobre. Poi al Fanfulla a Roma ed altre a venire.

Splendido, sarò curioso di sentirti dal vivo! Cosa suonerai?

Ah, dal vivo la mia vita è basata sull’Octatrack, poi vari synth, ho un Blofeld, un Arturi, un Microbrut, campioni, poi ho lo studio…l’ex Standards (di cui non abbiamo parlato) dove ho le macchine quindi campiono, ho anche una macchina sempre dell’Electro che si chiama Digitakt che ti permette di registrare i vari campioni processandoli in tempo reale….

Parecchio curioso, grazie mille per tutto quanto Alberto!

Grazie mille a voi ed a presto!!