AAVV. – Invisible Comma (Trieste Science + Fiction Festival, 2024)

Lo Science + Fiction Festival inizierà il prossimo martedì. Per noi amatori del suono, oltre a diverse proiezioni intriganti c’ê la possibilità di succhiarci una bella caramellina, dono dei selezionatori Fabrizio Garau e Loris Zecchin, rispettivamente uomini dietro a the New Noise e Solar Ipse.
Scelgono un suono variegato, oscuro, metallico e lucido, dove le luci riescono a riflettersi lanciando veri e propri bagliori nel buio (ogni riferimento alla pellicola di Robert Lieberman del 1993 è ovviamente voluto) che ci fanno calare in una realtà nuova ancheggiando e muovendo il culo. Già, che Malasomma con le sue sirene infrante e stroboscopiche, Confrontational con i suoi beats acidi e Lips Vago con una nebbia spazzata da luci e ritmi tirano tre mine mica da poco ed ognuno con il suo stile ci fanno capire che in questo momento occorre essere uomini e donne di azione e di movimento, pronti a lasciare dietro di se difese e timidezze. Non abbiamo busogno di luce, l’insieme dei corpi è perfettamente in grado di farsi percepire al buio ed i film viaggiano veloci nella nostra mente, portandoci lontanissimi. A ca’ da diu diremmo qui dove mi trovo a scrivere, oppure in culo ai lupi, punti di vista, ma forse, visti i prossimi musicisti, basterebbe dire Tristan da Cunha, pugno di isole nel nulla dell’Oceano Atlantico e progetto che da anni sta pian piano ridefinendo un suono tramite Luca Scotti e Francesco Vara: lo chiamavano post-rock, alcuni direbbero malinconia, loro lo titolano A Cold Field e centrano il bersaglio. Di Black Out a New York di Blak Sagaan ho già scritto su Human vs Robots, vi dico soltanto se riusciste ad isolare la paura e la gettaste per le strade di una città deserta come un covone di paglia in un film western il risultato (nonché la colonna sonora ideale) sarebbe questa traccia. I SabaSaba uniscono cospiratori notturni ed oppiacei alle lusinghe di una città che sembra muoversi come una donna peccaminosa, dando ad ogni ascolto prova della loro bravura nello stordirci a fondo. Chaos Shrine sembra voler far suonare il vento, forse intendendo un tributo alla bora come buon viatico per il festival triestino, ma c’è molto altro oltre a questo. Suoni che sembrano mettere insime mondi di giochi dimenticati dal tempo e l’oriente più stranito sul mercato.
Quando Martina Bertoni parte già sappiamo cosa aspettarci: nebbia, toccante malinconia, un segno, forse una virgola che si intravede come vergata sulle nuvole.
Ma forse è soltanto un miraggio e la luce che filtra e quella di un proiettore: silenzio in sala, iniziano i film!