23RedAnts & Pablo Orza – Nothing Here Is What It Seems (Creative Sources, 2017)

Il sodalizio fra i 23RedAnts (Macarena Montesinos al violoncello e Niet F-n all’elettronica) e il chitarrista Pablo Orza ha funzionato talmente bene che i tre si ritrovano insieme anche per questo nuovo lavoro licenziato dalla prestigiosa Creative Sources (che per l’occasione sfodera una copertina davvero splendida). Probabilmente è proprio il voler saggiare questa coesione che spinge il gruppo a non accontentarsi di ripetere quanto di buono fatto in precedenza ed avventurarsi su terreni più impervi: quando l’improvvisazione non è semplicemente un modo di suonare ma un’attitudine. I ragazzi amano dunque il rischio e infatti Nothing Here Is What It Seems è un album piuttosto diverso e decisamente più difficile di Red Night: ne riprende i lati più ostici e spigolosi, i rumori e i suoni stridenti e li rimonta in un quadro espressionista e minimale dove l’ascoltatore non è più osservatore esterno (per quanto partecipe) ma viene a trovarsi al centro del flusso sonoro. Certi micro-suoni, certe basse frequenze che si espandono e contraggono nel silenzio suggerirebbero quasi l’ascolto in cuffia ma ciò farebbe torto alla fisicità che il gruppo esprime, all’idea qui evidente che il suono debba raggiungerci non solo attraverso le orecchie: è dunque un disco da ascoltare ad alto volume, accettando al limite che qualcosa dell’ambiente circostante possa interagire con esso. Se si esclude la conclusiva Manipulados, molto bella nel mettere in scena dramma e rabbia in un’atmosfera densa ma un po’ avulsa dal resto dei brani, Nothing Here… si caratterizza per una struttura minimale dove i rumori concreti hanno pari dignità dei suoni prodotti dagli strumenti (che raramente suonano…come dovrebbero) e insieme incidono nello spazio/silenzio dei segni/suoni che vanno letti e interpretati. Non è facile e – lo ammetto – nel momento in cui scrivo ancora non ne sono venuto completamente a capo, ma che sia così è evidente fin dal primo ascolto: nulla è lasciato al caso, ogni elemento è soppesato e inserito nel contesto non grazie alla semplice scrittura ma a un perfetto affiatamento fra i protagonisti. Quello che ne esce non è incasellabile in alcun genere e per certi versi anche il termine “musica” gli va stretto: i tre creano ambienti (non ambient, beninteso) apparentemente noti ma resi con tratto talvolta dal sapore ruvidamente meccanico, altre freddamente alieno come solo degli insetti saprebbero fare. Ecco, questa potrebbe essere una delle chiavi di lettura: come gli strumenti che sentiamo non assomigliano mai a loro stessi anche i musicisti, nel pieno dell’atto creativo, potrebbero diventare altro. Nulla qui è quello che sembra per l’appunto.