Ulan Bator - OK:KO (Ursula Minor/Audioglobe, 2002)

Degli Ulan Bator esistono affezionati cultori e schizzinosi che li ritengono semplici epigoni dei maestri Sonic Youth. Io sto con i primi, poichè ritengo che dai lavori della band italo-francese - pur inevitabilmente debitrice ai padri ispiratori - si possano ricavare elementi sufficienti a far pensare ad una ricerca differente e comunque personale. Se le tecniche utilizzate sono perloppiù le stesse, insomma, il fine ultimo è diverso e si evidenzia nella costruzione di suggestive atmosfere 'di sensazione' piuttosto che in una espressione estrema legata a dei concetti abbastanza precisi, con capacità di critica e di riflessione. Prese le difese della band da un lato, dall'altro va notato che OK:KO non è un vero e proprio nuovo album, bensì è il tentativo (...con finalità quanto artistiche? Quanto commerciali?) di dare nuova vita al precedente Ego:Echo (Sonica Factory/Virgin, 2000) - che era stato prodotto da Michael Gira degli Swans - riprendendo alcuni di quei brani per riproporli in forme diverse: due esecuzioni dal vivo e sei versioni demo, solo strumentali. E' insomma, apparentemente, un disco di scarti (tra l'altro molto 'italiano', nel senso che è stato registrato due anni fa tra gli studi di Firenze ed i palchi di Cagliari e Legnano). Ma analizziamo questi "scarti": la lunghissima cavalcata strumentale Let Go Ego! stupisce e stordisce per la freddezza ed il frastuono, partendo lenta e quieta per terminare in una vorticosa tempesta di chitarre. Ruobmat Ed Esueuoj Al non è altro che La Joueuse De Tambour scritto all'incontrario: una estenuante marcetta che velocemente fa tenere il tempo e trascina, risultando a tratti perfino emozionante. Come il nome stesso suggerisce, Attack è un breve ma violentissimo assalto sonoro; mentre in Hemisphere (live) inizialmente conduce coraggioso un pianoforte, abbandonato in seguito per portare intensamente il brano fino ad oltre dieci minuti di durata. L'interessante (ed inedita) Hair Ov Dog risulta inquietante, gelida, malata. Di maggiore soddisfazione mi sono però sembrate, su tutte, la già citata La Joueuse De Tambour e la conclusiva OK:KO, ricche di rumore e distorsioni ed atmosfericamente cupissime.
Un disco, tutto sommato, dal peso relativo (...ma dalla pesantezza colossale!) nella discografia del gruppo, il cui acquisto è consigliabile comunque - oltre che ai fans sfegatati - a chiunque volesse cominciare ora ad avvicinarsi alla band, essendo questo un degno esempio del loro suono.

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