New Sweet Breath - Acceleration & Distortion (Mag Wheel, 1999)
Tagging Satellites - Abstract Confessions (Mag Wheel/Recovery, 2000)

C'è un solo nome dietro a queste due formazioni di Seattle pubblicate dalla canadese Mag Wheel, ed è quello di Graig Markel, che riveste al tempo stesso il ruolo di leader, principale compositore e pure fonico e produttore di ambedue i gruppi, oltre a portare avanti anche una intensa attività da solista.
New Sweet Breath è il nome più noto, per aver sfornato già altri tre lavori; questo è un mini di sei brani, basato su di un pop-rock piuttosto tradizionale, movimentato ma melodico, ruvido ma mai rude, che li fa somigliare talvolta ai Soul Asylum, talvolta ai Goo Goo Dolls, anche se poi il nome che mi viene più spesso in mente è quello del ben poco noto chitarrista-songwriter-produttore Kevin Salem. I pezzi meglio riusciti sono sicuramente l'opening track The Light Is Green, New Disease, che emoziona con semplicità ricordando certi brividi provati con i Toad The Wet Sprocket, e My Medicine, che pure trascina parecchio. Per chi ama una musica schietta ma senza troppe pretese, costruita - come spiega chiaramente il titolo - su poche semplici basi (anche se un'interpretazione in chiave ironica è pure possibile).
Con Tagging Satellites, giunti al secondo disco dopo Shooting Down The Airwaves del 1999, Markel può dedicarsi invece ad una più libera e multiforme ricerca espressiva: composta nient'altro che dal nostro e dalla voce lamentosa ed eterea di Zera Marvel (che pure suona e si occupa della scrittura dei brani), la band potrebbe far pensare facilmente a delle Hole in vena di esperimenti (o, se preferite, ad una loro possibile raccolta di scarti e b-sides). Ma c'è di più in queste prove, che stregano lentamente, senza fretta e senza neppure mostrarne l'intenzione: al di là dei pezzi più 'tradizionali' - che comunque costituiscono il corpo del disco - quali le belle Time On My Halo, Sun Damage e Turn Around, è apprezzabile il parlato di Five Star Memory, poggiato su di una base ipnotica, inquietante e ripetitiva; ma stupiscono positivamente anche le atmosfere evocate nella parentesi strumentale denominata Summer Will Come Again, ed i brividi quasi-post di Stolen Bicycles Ride Faster. Grazie a melodie malinconiche e all'utilizzo di tastiere e synth intervallato o congiunto a quello di chitarre e batteria, in queste dieci tracce si respira inquietudine, amarezza, disillusione, come in un solitario e triste abbandono ai ricordi ("deep into regret"); e lo si fa in maniera così palpabilmente realistica da poter ritenere ben riuscito questo lavoro.


aggiungi il tuo parere