Spraydog - Lintered (Ferric Mordant, 2000)

Non so perchè, ma un nome del genere evocava in me incubi neo-grunge, troppo spesso rivelatisi reali... Niente di tutto ciò, per fortuna: gli Spraydog sono quattro ragazzi inglesi, accompagnati al canto da una fanciulla dalla voce bella e mutevole, alle prese con un album di puro indie rock garantito al 100%. Di recente formazione, il gruppo ha già all'attivo un disco (Citrus Bitumen, Ferric Mordant, 1998), la benedizione di John Peel, ed ha seguito in tour la cult-band dei Midway Still. Il nome che mi è subito venuto in mente (probabilmente anche per la doppia voce, maschile e femminile) è quello degli Swirlies, ma a differenza del loro - un lungo e continuo flusso musicale che fa apparire le canzoni una come il proseguimento dell'altra - questo lavoro è nettamente più frammentario e meno stancante, composto da tanti brani di breve durata (due minuti, in media) che sono come piccoli quadretti, fotografie sfocate di un genere forse ormai non più così in voga. Entusiasmo, delicatezza e irruenza sono le parole chiave per questo suono un po' dimesso, da adolescenza inquieta, ricco di melodie ma sempre movimentato.
Dietro a titoli strambi e incomprensibili troviamo una musica scomposta, irrequieta, che procede in un alternarsi di dolcezza e aggressività, pacatezza e ruvidità, come negli esemplari My Bloody Valentine o negli epigoni Drop Nineteens. I brani che restano più impressi sono C-Vier, convincente e ben costruita, in cui la voce di Annika si avvicina a tratti a quella di Patti Smith (!); l'intensa Beware The Sun; e Pink Me Up, meravigliosa, un minuto e mezzo di puro indie-pop col solo cantato femminile. Ma notevoli sono pure Cupid On A Dolphin Mosaic e Shadow, Box, Lunch, entrambe splendide e sempre cangianti, in stile Rosa Mota, con improvvise sfuriate sonicyouthiane. Detto tra parentesi, non si capisce dunque la scelta dell'iniziale Dialling Mitt quale singolo, gradevole ma abbastanza anonima. Il rumore ben controllato, le chitarre sbilenche e scordate, ma soprattutto il sovrapporsi delle voci e gli improvvisi cambi di tempo e di stile sono le caratteristiche peculiari di questa piccola ma promettente band, che certo non inventa nulla, ma utilizzando sapientemente la lezione dei maestri riesce a stupire e ad emozionare. Un disco, dunque, assolutamente piacevole, che riserva sorprese.

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