Zu – 20/08/10 Festa di Radio Onda d’Urto (Brescia)

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Riprende la stagione concertistica dopo un'estate trascorsa senza grandi sussulti. Sarà che sono ancora in clima da giorni vacanzieri, ma di tutto il ben di Dio (?) che la serata offre, Bologna Violenta, Zu e Teatro Degli Orrori, finisco per vedermi solo i secondi, trattenuto da un felafel guadagnato dopo un'infinita attesa durante il concerto del primo e respinto dalla poca voglia di stare in mezzo alla bolgia dei fan urlanti per gli ultimi. Solo Zu quindi, sappiate accontentarvi. In realtà nemmeno al concerto dei romani arrivo puntualissimo ma solo alla seconda canzone, sempre a causa del piatto etnico di cui sopra. Il pubblico è numeroso, per cui mi posiziono a una certa distanza dal palco; certo non tutti sono qui per il terzetto, molti staranno semplicemente tenendo la posizione in vista del Teatro Degli Orrori, come il tipo con la maglietta dei Muse, che pur essendo in piedi non darà segni di vita per tutto il set, ma parecchie decine di sostenitori il gruppo li raccoglie, è evidente nell'agitarsi ritmico delle prime file. Gli Zu sono la solita macchina da guerra, basso tritatutto, batterista tentacolare, sax baritono che drona e più raramente svisa; adeguandosi agli alti standard di Carboniferous (su cui è incentrata la scaletta) vanno via dritti e senza guardare in faccia a nessuno, per un'esibizione che banalizzando si potrebbe definire più rock che jazz: quadrata, potente ma senza particolari sussulti, senza spigoli, con addirittura qualche traccia di melodia che emerge di tanto in tanto. zu_brescia_onda_durtoCercando il pelo nell'uovo si potrebbe dire che dopo tanti dischi incapaci di restituire l'idea di quello che il gruppo fosse dal vivo, ora che con l'ultimo album ce l'hanno fatta si appiattiscono un po' troppo su quel modello, ma può anche darsi che, più semplicemente, dopo decine di date passate a suonare questi stessi pezzi si tenda ad andare un po' col pilota automatico; fatto sta che gli spazi improvvisativi lasciati alla batteria prima e al duetto sax-basso poi, non riescono a smuovere il concerto dai suoi binari. Ma per l'appunto sto cercando il pelo nell'uovo, mentre la gente, e non poca, dimostra di apprezzare: tanti si agitano e tengono il ritmo, durante Ostia c'è addirittura un giro di pogo; una partecipazione sorprendente per una musica comunque ostica, che non concede molto alla facile fruizione. Ne è riprova il fatto che di tanto in tanto qualcuno migri verso le retrovie, indispettito dal suoni e fa piacere notare che punk e metallari, almeno a giudicare dalle magliette indossate, si dimostrino ancora una volta i più smidollati. Soliti quaranta minuti di concerto, poco più, dopodiché me ne torno fra gli stand teatro_degli_orrori_brescia_onda_durtoenogastronomici e soprattutto la libreria (leggetevi Democrazia Diretta di Bookchin!) e mi perdo quasi completamente il concerto del Teatro Degli Orrori: arrivando solo per i bis mi pare ingiusto esprimere un giudizio, mi limiterò a qualche impressione. Capovilla è sfiatato come una vecchia cornamusa (pare avesse mal di gola), ma almeno non indugia nelle invettive socio-politiche che già al tempo degli One Dimensional Man me lo rendevano insopportabile; giusto qualche scontato pugno alzato, con pronta risposta dei fan, durante Compagna Teresa. La formazione "normalizzata" con basso e due chitarre fa perdere alle canzoni vecchie quel suono sferragliante alla Jesus Lizard, comunque non attualissimo ma insolito per il panorama semi-mainsteram nostrano, adagiandosi su un rock ciccione, potente ma non particolarmente incisivo, che si valorizza solo per le sfuriate recitative del cantante, come in E Lei Venne. Di pezzi nuovi sento solo Die Zeit e se l'andazzo è questo è una fortuna. Senza il trattamento elettronico che troviamo sull'album ma col violino in bella evidenza, sfoggia una drammaticità talmente pomposa da cadere subito nel ridicolo; all'apice del pathos non mi sorprenderebbe vedere salire sul palco il redivivo Mario Merola per darci saggio di una delle sue indimenticabili sceneggiate. Non accade, ma almeno la canzone non viene tirata troppo per le lunghe. E senza rimpianti me ne torno fra libri e boccali di birra.