Zero Centigrade – Unknown Distance (Audio Tong, 2010)

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Credo che non mi stancherò mai di ripetere quanti dischi rimangano sommersi nel mare di uscite che saturano un mercato in cui tralaltro a volte non si vende davvero nulla: entrambe le cose sono un peccato, tanto di più quando si tratta di lavori come questo. Gli Zero Centigrade per di più sono i napoletanissimi Tonino Taiuti alla chitarra elettrica e Vincenzo De Luce alla tromba, il che mi porta a diverse considerazioni: innanzitutto sullo splendido stato del giro impro partenopeo ed in secondo luogo sul fatto che per quanto le riviste non diano spazio (o quanto meno non quello meritato) alla gente che opera in quest'ambito in Italia, molti si stanno sparando delle collaborazioni di tutto rispetto o uscite per etichette di serie A come la Audio Tong di Krakovia che fra gli altri annovera anche dei dischi dei Faust… se vi sembra poco.
Passando al disco e a quello che contiene, per quanto mi aspettassi un lavoro interessante si tratta di materiali che sono andati ampiamente oltre alle mie più rosee aspettative e questo è dovuto al fatto che Taiuti e De Luce non si sono nascosti fra le dissonanze e i fraseggi zoppi, i suoni appena accennati, le strozzature e le storpiature che fanno tutti e che spesso riducono più di metà dei lavori improvvisativi e di elettro-acutica ad una fotocopia carta carbone. In un certo senso i due partenopei hanno dimostrato di avere quello che un loro concittadino illustre chiamava " 'o bblues". Certo, non immaginiate si tratti di un disco facile facile che potrebbe essere accessibile a tutti e men che meno roba veramente blues, resta che sentendo le frammentazioni e le dissonanze di Taiuti e De Luce ho avuto la stesa impressione che ebbi quando ascoltai Play di Derek Bailey: uno ad improvvisare in questo modo non ci arriva di colpo, ma per gradi e scusate se è poco. La chitarra acustica di Taiuti del buon Derek porta qualche traccia ma lavora in modo molto più morbido, anzi, il napoletano non ha paura di indugiare su quelle che sono realmente delle melodie, cosa che in quest'ambito è simile al fegato che ci vuole per bestemmiare in una moschea. De Luce pur soffiando nel suo strumento in modo molto radicale è degno compare del suo socio e crea ambientazioni quasi suggestive, il che ripeto non è per nulla scontato in un ambito del genere. Un disco bellissimo, tanto di più se molti dischi del genere vi avevano frantumato i coglioni. "Napule è nu sole amaro" diceva sempre quel tizio menzionato prima.