Vonneumann: 20 anni di ricerca nell’estetica dell’errore

Vonneumann

Avere vent’anni…

Una delle realtà più interessanti dell’underground nostrano raggiunge il fatidico traguardo che ci permette di guardare in retrospettiva la loro originale ricerca sonora: nati alla fine degli anni ’90, in un periodo in cui la scena era decisamente prorompente (molto più di oggi) e sperimentava a cuore aperto fregandosene di visualizzazioni o quant’altro, i romani Vonneumann sono arrivati a varcare la soglia dei vent’anni di carriera. Che poi in realtà sarebbero anche di più considerando il vero punto iniziale della storia. Perché tutto è cominciato nel 1994 con il math rock in odore di Touch And Go degli Arborio e mutato dopo poco in una visione di più ampie vedute sotto il nuovo monicker.
Si, ok, ma cosa sono i Vonneumann? Una band che di sicuro non difetta di personalità e visionarietà, e che ha rivoltato il suono in lungo e in largo sperimentando di continuo – anche adesso che scrivo stanno terminando la diavoleria di un lavoro molto particolare proprio per celebrare il loro ventennale, festeggiamenti anticipati dall’ottima raccolta di rarità The Procrastination Loops uscita in digitale nel 2018. Così dal math degli inizi il quartetto passa alle storture sonore di casa Skin Graft, per poi approfondire i concetti di improvvisazione e scrittura, comprese le più disparate implicazioni dialettiche tra i due argomenti, caricando sempre di più il suono di tensioni elettroniche, fino ad arrivare, oggi, a una visione avant rock piuttosto aumentata (e comunque ancora in divenire). Una lunga sequenza di dischi particolarmente interessanti, ognuno sorretto da un substrato concettuale distintivo e a volte prossimo alla follia; una continua evoluzione, realmente freeform, che ha come punti fermi un approccio al suono molto poco ortodosso e uno sguardo ironico che mantiene il discorso costantemente aperto e intelligente.
Rimasti in trio dal 2014 dopo la fuoriuscita del batterista Gabriele Paone, i Vonneumann sono da allora Fabio Ricci (basso, tromba, elettronica, batteria), Filippo Mazzei (chitarra, clarinetto basso e contralto, ed elettronica) e Toni Virgillito (chitarra, elettronica e violoncello). Vista l’occasione, ho chiesto ai tre di raccontarmi la longeva storia del gruppo e si può constatare come il loro approccio free-form si rispecchi anche nelle risposte: un vero e incontenibile discorso multimediale, fatto di parole (tante), video, musica, immagini, link e soprattutto di concetti; il tutto raccontato con quel tocco d’ironia che li contraddistingue. Una chiacchierata divertente e interessante, estesa (del resto non è facile sintetizzare vent’anni di attività in poche domande) ma altrettanto ricca di spunti e riflessioni, che ci mostra bene il significato della loro esperienza musicale.
Prima di invitarvi a continuare con la lettura, bisogna specificare che se non vi tornano bene i conti temporali è perché il ventennale della band cadeva in realtà nel 2019, ma un po’ di ritardo nelle risposte (la vita non è una cosa così liscia per nessuno) ha portato solo ora alla pubblicazione del pezzo, comunque non inficiando affatto il risultato visto i pochi mesi trascorsi. Un’ultima cosa da ricordare è che a causa del coronavirus, come sapete, dobbiamo tutti restare in casa e trovare un pò di escamotage per passare il tempo, e i Vonneuman, visto il periodo, hanno scelto di mettere in vendita sul bandcamp tutta la loro discografia digitale con il 90 per centro di sconto, così avete tante cose da sentire.
Bene! Un altro modo interessante per passare il tempo che posso consigliarvi io, invece, è quello di leggere l’intervista, il materiale è tanto e c’è anche parecchio da osservare e ascoltare.

Foto di copertina Ilaria Turini, foto nel testo di Andrea Cerrato (ph. 1, 2, 3), vonneumann (ph. 4), Ilaria Turini (ph. 5, 6) e Francesca Staash (ph. 7).

 

1999 – 2019: dal math rock all’auto-hauntology

SODAPOP: Partiamo dall’inizio, ma guardandolo dalla fine. Cosa vi ha spinto a cominciare a perseguire suoni così particolari e com’era farlo all’epoca? cosa ricordate di quel periodo come spinta fondamentale?
VONNEUMANN: Risposta breve: è divertente, molto più divertente, tutto qui. Ma non ti aspetterai risposte brevi, vero? Dunque, Vonneumann iniziò in realtà qualche anno prima, diciamo nel 1994. All’epoca ci chiamavamo Arborio, e suonavamo molto più post e math, ma già c’era qualcosa di Vonneumann: ci conoscemmo con un annuncio lasciato nella bacheca del compiantissimo Disfunzioni Musicali. C’era scritto: “cercasi chitarrista per gruppo storto”. In quegli anni stavamo scoprendo, grazie al math e al post eccetera, tutte quelle deviazioni dalla norma del rock, e trovavamo tantissime cose eccitanti, la roba della Skin Graft, per dire, o Touch&Go e affini. Anche l’elettronica stava in qualche modo diventando un’altra cosa, pensa ai primi dischi degli Autechre ad esempio. E poi a Roma c’era questo collettivo, il Cervello a Sonagli, che organizzava concerti pazzeschi di improvvisazione radicale, DSC_1823elettroacustica, eccetera, musicisti fuori dal comune come gli Ossatura, gente del giro Metamkine. Sembrava che si potesse fare tutto, e noi cercammo di fare tutto (“sempre, senza requie”). Arborio era ancora acerbo, ma un paio di crisi e di epifanie ci trasformarono poi in questa cosa Vonneumann, che era grezzissima ma incredibilmente divertente da fare, e che poi è cresciuta con noi e che non abbiamo ancora finito di innacquare e potare e far crescere.

SODAPOP: Un lungo percorso che inizia dal math rock più quadrato per poi de-frammentare il concetto con l’invariante.tmp e pulcino angolare, immergendo il tutto in un contesto espressionista. Diciamo che avete filtrato il vostro precedente approccio attraverso uno strapazzamento à la You Fantastic
VONNEUMANN: Bravo! Gli You Fantastic! (e tante altre ramificazioni loro) furono uno dei gruppi rivelazione, musicisti della madonna con un suono così tanto sbagliato da essere perfetto, e dei pezzi che ti facevano cascare dalla sedia. Abbiamo consumato quei cd, quei vinili, quelle cassette. Chiaramente il nostro modo di suonare, di tenere uno strumento in mano (o su un tavolino) era un altro, ma non volevamo copiare tanto il risultato, volevamo più imparare il concetto o ancora meglio unirlo a qualcos’altro che magari non c’entrava nulla. Ai tempi iniziammo anche ad appassionarci a certa classica del ‘900, e la scoperta della casualità (alla John Cage, per intenderci) fu una diga che crollava: lo faceva John Cage, lo potevamo fare anche noi, no? Quando poi le DAW divennero accessibili, beh, quello fu il giocattolo supremo: prendo questa registrazione di chitarra e la metto insieme a questi rumorini di synth che avevamo registrato due mesi prima. E se non va bene, taglia e cuci e mettigli effetti o magari lo sposti a caso, e a volte escono cose sorprendenti. Altre volte semplicemente ti sbagli, e viene molto meglio, quindi poi lo devi imparare a fare sbagliato, e mica sempre è possibile. Oh, però non è che possiamo rivelare tutti i trucchi neh.

DSC_2118SODAPOP: potremmo definire il successivo jaser/lægo come la summa del vostro primo periodo. Un disco che introduce in modo esplicito un vero e proprio marchio di fabbrica, quello di lavorare su concetti dualistici, nello specifico tra tensioni improvvisative e scrittura, o anche tra analogico e digitale.
VONNEUMANN: Descrizione perfetta! jaser/lægo nacque proprio con l’idea di accostare mondi molto diversi, in particolare quello dell’improvvisazione radicale e l’elettronica (glitch) – ma passando anche per la concreta e il cosiddetto post-rock, la classica e tutta la roba che ci piace a noi. Il tutto tentando di usare le più disparate tecniche di registrazione a noi disponibili. Per cui decisamente: analogico vs digitale. Fulcro di tutto ciò: il sequencer (pardòn: DAW, come si dice oggidì). Non solo come mezzo per registrare e fare post-editing, ma anche proprio come elemento concettuale, estetico. In qualche maniera volevamo ragionare in termini visuali, per cui per ogni pezzo associammo anche una partitura grafica.
C’era anche tutto un discorso di verticale vs orizzontale. Perché quando guardi le tracce musicali elettroniche su un multitraccia digitale, di fatto vedi un edificio, una costruzione. Ogni elemento è come un mattoncino Lego®, soprattutto se usi i loop. È statico, rigido. Da qui la seconda parte del titolo del disco. La prima parte – jaser – viene dal nome di un al-tempo-pittore-wannabe (Jasper Joffe, che poi finì a fare l’editore), perché invece se sul sequencer guardi delle lunghe registrazioni di impro radicali, sembrano le pennellate di un pittore che dipinge una tela larghissima. Sono dinamiche, organiche, fluide. La contrapposizione di tutto ciò porta a un’idea di composizione che tenta di muoversi in 2 dimensioni contemporaneamente: costruisce strati su strati, cresce verticalmente, mentre si muove orizzontalmente nel tempo.

SODAPOP: Ascoltando le vostre prime uscite mi sono sempre venuti in mente due gruppi che sicuramente vi sono avvicinabili per l’intenzione creativa, i Brise-Glace e i Gorge Trio. Hanno avuto una qualche influenza su di voi queste due band? Attualmente invece quali discorsi musicali, se ci sono, apprezzate e vi ispirano più di altri?
VONNEUMANN: Brise-Glace e Gorge Trio sono fra i gruppi che più ci hanno influenzato, in assoluto. Adesso ascoltiamo davvero di tutto, ma il mondo musicale è così frammentato che è difficile stabilire filoni o scene, come invece era quella della Skin Graft all’epoca, o della nostrana FreeLand. Potremmo farti nomi ma sarebbe una lista della spesa abbastanza incoerente. E cambierebbe da giorno a giorno.

DSC_1827SODAPOP: switch parmenide è invece ispirato dai paradossi di Zenone e si sostanzia come una specie calcolatore in cui inserire delle parole per cercare un risultato. Un disco non premeditato e nato da una richiesta, e allora – come dite voi – avete inserito “le parole lepri, suite, estate e inseguendo per vedere cosa ne esce”. Un lavoro che ha avuto una gestazione diversa, più che improvvisativa si potrebbe quasi dire “estemporanea”. Come avete trovato la quadratura del tutto?
VONNEUMANN: Probabilmente la quadratura viene dall’idea stessa di paradosso – non c’è. E anche per questo abbiamo incluso nel disco il “nostro” quinto paradosso nel disco – un paradosso che non esiste. Come lo stesso switch parmenide – un disco che non è un disco, ma un manifesto di ciò che si può fare a partire da un’idea. Letteralmente la musica è venuta dopo. O forse non è mai venuta.

SODAPOP: Come si legge nella presentazione di SP, Zenone dice molto degli esseri umani, “mescolano ciò che è con ciò che non è, quindi parlano di cose di cui non si può parlare”. In qualche modo entra in gioco l’errore, ma soprattutto l’ironia per parlare dell’incomunicabilità e dell’inafferrabile. Immagino questi siano fattori importanti della vostra ricerca.
VONNEUMANN: L’errore (o i paradossi, apparenti o meno che siano) è forse la base fondante dell’estetica e della filosofia di Vonneumann. Come si diceva prima – una volta che introduci il caso in musica (santo Cage, sempre!), l’errore è il passo immediatamente successivo: come si distingue il caso da un errore? E se questo gioco lo fai con spirito ludico e autoironico, chiudi il cerchio: non ti prendi sul serio, ma applichi seriamente dei principi che vanno oltre il tuo controllo. Alla fin fine il mondo è un posto molto complesso – incomunicabilità, inafferrabilità, sfumature, l’effimero – fanno parte del nostro quotidiano. Abbracciarli con serenità e con divertimento ti libera dall’ansia del controllo e ti pone – un po’ come dice Brian Eno – spettatore di te stesso. Ed è in quel momento che ti puoi sorprendere, o meglio, ciò che hai fatto prende vita oltre di te e ti sorprende. Cosa che non accade (almeno a noi) quando ti sforzi per raggiungere un controllo assoluto.

VonneumannSODAPOP: Da ex-skater, mi ha sempre incuriosito l’adesivo che accompagnava il disco: Parmenide Is Not A Crime
VONNEUMANN: Partiamo col dire che due di noi sono ex-skater. Ci siamo conosciuti all’Eur, noto spot di skater di Roma. Poi come sai switch parmenide è ispirato sia ai 4 paradossi di Zenone che allo skateboard (di nuovo la dualità). Anzi in qualche maniera vuole portarti a riflettere su come lo skateboard non sia altro che una dimostrazione pratica dei paradossi di Zenone: sei fermo, ma ti muovi; quando fai un trick, poi la tavola torna sempre nella stessa posizione (cambia ma non cambia), e via dicendo. Lo skateboard è e non è allo stesso tempo, soprattutto dopo che gli skater iniziarono a sviluppare la cosiddetta switch stance. Per cui ci venne all’epoca l’idea di riconcepire l’adesivo storico SKATEBOARDING IS NOT A CRIME, sostituendo skateboarding con Parmenide. L’adesivo, come del resto tutti i titoli del disco, è volutamente mezzo in italiano e mezzo in inglese (Parmenide in inglese sarebbe Parmenides). Sostituire skateboarding con Parmenide è un altro modo per dire che lo skateboard altri non è che la messa in pratica della filosofia eleatica. Se all’epoca ci fossero stati i social, probabilmente l’adesivo sarebbe diventato virale, ma invece all’epoca c’era solo Myspace, e quindi ciccia. Da notare che il nostro non è il primo caso di rifacimento di quell’adesivo, a nostra memoria c’è sicuramente anche FISTFUCKING IS NOT A CRIME, di cui però non si trova più traccia in rete (e occhio a fare una ricerchina in rete eh… decisamente NSFW).

SODAPOP: In un caso avete direttamente smembrato il dualismo in due differenti dischi, ovvero il de’ metallo, totalmente free e istantaneo, e il de’ blues, dove il free viene ricompreso dentro strutture completamente scritte e delimitate. Due episodi legati anche graficamente, l’immagine della copertina del primo diventa una polaroid nelle mani di qualcuno in quella del secondo.
VONNEUMANN: Sì, il nostro dittico. Dopo jaser e switch, due dischi che ci hanno impiegato tantissimo tempo e tantissima testa, abbiamo deciso di non farne un altro che mescolasse ancora scrittura e improvvisazione in ogni traccia, bensì di separare proprio le due anime del gruppo in 2 dischi diversi – uno di pura scrittura e uno di pura improvvisazione. È bello cambiare, no? L’idea iniziale era di fare un doppio cd o vinile, chiamato semplicemente il de’ (disco 1 – metallo; disco 2 – blues), ma poi questioni di etichette fecero sì che uscirono separatamente e anche a distanza di molti anni. Come giustamente noti tu, le grafiche sono legate intimamente: sono tutte foto fatte da Andrea Mazzei, in arte minarai. E sì, nella cover de il de’ blues Andrea tiene in mano la polaroid che è la cover de il de’ metallo (è un autoscatto), proprio a ribadire la profonda unione fra i due episodi.

SODAPOP: Un altro dualismo a cui è difficile non fare caso e che trascende tutti i precedenti è sicuramente quello tra il suono e l’ironia con cui lo agite. È un antidoto per non impazzire nella sperimentazione? Che ruolo ha nella composizione il saperci ridere sopra?
VONNEUMANN: Noi seguiamo banalmente la lezione di John Cage: laughter is preferable to tears. Diciamo anche che prendersi troppo sul serio poi ha delle serie conseguenze, a noi piace divertirci quando stiamo insieme e quando stiamo insieme di solito facciamo musica. Quindi le cose vanno di pari passo. È un modus operandi ormai consolidato da oltre 20 anni, ci fa stare bene. Guarda questo concerto per solo trombone sempre di Cage, poi dicci se il bambino non ha capito tutto. Cage ne sarebbe stato entusiasta.

SODAPOP: La dialettica tra analogico e digitale richiama ovviamente anche il concetto di post produzione, come funziona questa fase del lavoro nei Vonneumann? Lo studio di registrazione è un ulteriore strumento per voi?
VONNEUMANN: Dal momento che registri un suono, quel suono diventa plastico, modellabile. Non più impermanente. La plasticità dei suoni è stata fin da subito oggetto di studi e ricerche – ancora oggi se ne compiono di continuo, soprattutto in quella zona di conversione fra analogico e digitale. È un mondo affascinante che si colloca al di là dell’immediatezza di una performance. Con l’avvento delle DAW a basso costo (ma quando ancora i controller MIDI odierni erano fantascienza) quella zona di discrimine era probabilmente la più interessante da indagare sia al livello concettuale che compositivo. In questo senso i metodi compositivi di musiche basate su batteria/basso/chitarra subirono un cambio radicale aprendo strade molto alternative rispetto al passato, anche in aree musicali non colte o ricche. vonneumann_NorN-promo_photo_6Oggi è ovviamente roba di tutti i giorni, non esiste un secondo contemporaneo in cui qualcuno non sta facendo esattamente questo: post-produrre un suono. Quando iniziammo noi (mid-90s) la cosa era appena diventata accessibile e per certi versi appariva ancora come una stregoneria. Quindi questa “fase” del lavoro – la post-produzione dei suoni – per alcuni nostri dischi (pensa a jaser, switch, tl;dl) è stata la fase sostanziale della creazione di un disco; una fase di sperimentazione di tecniche di registrazione, missaggio, ecc., ma anche proprio di idee e metodi per l’orchestrazione di suoni che condensassero in una forma canzone. Riguardo all’idea di “studio come ulteriore strumento” – bisognerebbe chiarire cosa si intende con “studio” – diciamo che il grosso della manipolazione sonora avviene in una DAW che di fatto è uno “studio portatile”, in the box, come si suol dire. Per tutti, ormai. Chi davvero usava lo studio come uno strumento era gente tipo Miles Davis, Mark Hollis, Peter Gabriel, Prince, ecc. 40-50 anni fa. C’è anche da dire all’epoca esistevano i veri studi…
Il modo in cui ci comportiamo nelle 4 mura dove abbiamo gli strumenti invece di solito è abbastanza canonico. Sì, qualche follia con i microfoni ce la inventiamo sempre, ma alla fine il livello di sperimentazione è tutto legato all’uso degli strumenti e alla composizione.

SODAPOP: Da quando scienza è scienza, sperimentare vuol dire partire da ipostesi per confutarle. Però, come la storia insegna, e come avete anche già accennato, molto spesso si scoprono nuove cose proprio sbagliando. Una delle vostre uscite più recenti, NorN, parte proprio da questo, possiamo dire che si costruisce attraverso l’estetica dell’errore?
VONNEUMANN: L’estetica dell’errore (perfetta tua definizione che noi sposiamo in toto!) è trasversale a tutta la produzione di Vonneumann, ma sicuramente in NorN, dove affrontiamo le questioni di linguaggi artificiali, questa è declinata in maniera particolare. Musicalmente parlando NorN è meno “sbagliato” di molti altri nostri dischi, nel senso che la musica è quasi interamente composta e riproducibile dal vivo, cosa rara per noi (è quasi letteralmente privo di post-produzione). Tuttavia il concept parte da uno degli errori lessicografici più famosi della storia, quello della parola Dord. Una storia fantastica che ci ispirò moltissimo, portandoci a riflettere sui linguaggi artificiali e facendoci innamorare di un’altra storia meravigliosa, quella dell’Ithkuil. Da lì poi il passaggio alle misteriose calligrafie del Codex Seraphinianus è stato quasi naturale. Le grafiche del disco – curate da Valerio De Luca – che costituiscono parte integrante del progetto, rappresentano una sorta di Stele di Rosetta di linguaggi impossibili o sbagliati. E da qui viene poi il testo che ha scritto e cantato Lucio Leoni, l’unico nostro pezzo cantato – impossibile essere possibile. Per chi fosse interessato, esistono stuoli di artisti che oggi si dedicano alle cosiddette scritture asemiche. Ecco, Vonneumann forse è sempre stato alla ricerca di una musica in cui la semantica sia messa sempre in discussione, risulti opaca o sorprendente.

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SODAPOP: impossibile essere possibile, contenuto in NorN, è un brano molto particolare per due motivi: è l’unico di pezzo cantato della vostra discografia, ma più che una canzone, appare come un profondo esperimento sul linguaggio, nonostante la sua maggiore accessibilità rispetto ad altre vostre tracce. Due caratteristiche che sembrano renderlo emblematico del concetto complessivo del disco.
VONNEUMANN: Esattamente! Questo pezzo per noi è stato davvero un grande traguardo nonché una meravigliosa sorpresa. Cimentarsi solo una volta con il cantato e riuscire a riassumere un intero disco, se non addirittura di un intero mondo – il nostro – ha dell’incredibile. Lucio ha veramente fatto un piccolo miracolo. Il testo parte e termina con la ripetizione di questa frase ossessiva: “rifletto spesso sull’errore”. È una cosa che facciamo di continuo. Ci rappresenta alla perfezione. Eppoi collega tutto il resto: errori, typos, bug, linguaggi, computer (il sequencer!), incomprensioni, arte, amore, dio. Un po’ tutto quello che mettiamo nel frullatore ogni volta che ci vediamo per suonare.

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SODAPOP: Qualche mese prima di NorN è uscito tl;dl, disco che ha nelle collaborazioni il suo punto di forza, ci sono dentro molti amici della vostra community. Il titolo è una critica al messaggio breve informatizzato dai social e alla riduzione argomentativa che questo nuovo habitat provoca?
VONNEUMANN: Il titolo è una presa in giro del più famoso termine internettiano “tl;dr – too long; didn’t read”, una sigla che formalizza una pratica ampiamente diffusa davanti a uno schermo, quella di non leggere per intero testi molto lunghi. In un certo senso il tl;dr è un sintomo della nostra società iper-parcellizzata in cui i tempi di concentrazione si sono ridotti sensibilmente. Tristemente non si cercano più approfondimenti, ma si cerca di fare un’abbuffata di tutto. Siamo bulimici di informazioni.
A noi divertiva fare un titolo che riportasse questo fenomeno in musica: tl;dl – too long; didn’t listen, una tendenza che oggi effettivamente sta prendendo sempre più piede, vedi anche con l’offerta mastodontica di servizi streaming come Spotify o Deezer – ascolto 30 secondi, se non va, cambio. Nel creare tl;dl, sempre per via dell’ironia e il sarcasmo che ci contraddistinguono, non abbiamo potuto evitare di fare il nostro disco più lungo in assoluto (finora), alla faccia di chi skippa avanti. 4 tracce da circa 15 minuti l’una, che partono in modo ossessivo e ripetitivo (“skippo, tanto ormai ho capito”), e poi a un certo punto ti sorprendono (“e invece no!”).
La vera epifania ci fu mentre ci lavoravamo – ci capitò di leggere Retromania scoprendo che Reynolds anni prima aveva preconizzato questo fenomeno usando esattamente la sigla tl;dl. Completamente ignari di ciò avevamo già dato il nome al disco. Il che la dice lunga su quanto fosse ormai maturo il concetto.
Come ricordi tu, tl;dl è il nostro primo disco completamente collaborativo, che fa parte della nostra serie MOD N, detta anche modulo n o semplicemente |n| – dischi che facciamo attraverso la nostra “méiling list”, con la partecipazione di chiunque si voglia mettere in gioco.

SODAPOP: la vostra community è appunto il vostro modo di stare in contatto con i vostri estimatori e non solo. Come funziona?
VONNEUMANN: MOD N è relativamente semplice: di base è una “méiling list” (ci si può iscrivere qui: eepurl.com/bqCtRz) attraverso cui interagiamo a vario titolo con la nostra fan base. La utilizziamo per dare tutta una serie di robe musicali gratis in esclusiva, ma anche fare sondaggi, chiedere cosa funziona e cosa no, aprire call for sounds e via dicendo. Siccome Vonneumann va poco spesso dal vivo, abbiamo deciso di aprire un canale diretto con chi ci sostiene da anni, con materiale esclusivo. Come sai, perché sei iscritto anche tu, mandiamo poche mail, ma sono estremamente impegnative… tl;dr! (delle volte in effetti non riesco a leggerle tutte, n.d. truculentboy)

_vonneumann_NorN-promo_photo_3_750x370SODAPOP: MOD N sembra anche una reazione alle regole del gioco vigenti, quelle dell’ambiente dei social pervasivi. Che approccio avete alla questione?
VONNEUMANN: MOD N è abbastanza anti social, come approccio e come densità. Invece di essere frequente e superficiale – come sono i social – le méil che mandiamo sono rare, ma lunghissime. Non che noi siamo antisocial per partito preso, anzi. Abbiamo i nostri canali FB, IG, YT, ecc. ma li usiamo molto meno di quanto vorrebbe la norma odierna, che prevede una presenza martellante. Con MOD N invece siamo noi a dettare i tempi, le opzioni, gli scambi. È un mondo parallelo fatto a nostra (dis)misura e a misura di chi ci segue.

SODAPOP: Vi siete preparati al vostro ventennale con la raccolta the procrastination loops, un disco di rarità e pezzi usciti per compilation per lo più introvabili, oltre a un inedito composto per l’occasione. Cronologicamente mostra bene lo sviluppo del vostro percorso e le varie strade che avete intrapreso nel tempo. Un modo molto interessante di fare ordine e mostrare alcune perle che si erano disperse nel tempo.
VONNEUMANN: Ci dispiaceva che alcuni dei nostri pezzi più belli fossero inaccessibili alla nostra fan base solo perché le edizioni erano limitate o i siti su cui sono usciti non oggi esistono più. Allora abbiamo pensato di radunarli tutti in un disco, in ordine strettamente cronologico, dall’inedito (del 2018) al primissimo pezzo che abbiamo dato per una compilation (nel 2002). La cosa veramente inaspettata è che molte persone ci hanno detto che questi pezzi sembrano nati per stare insieme, mentre chiaramente non lo sono. Al di là della coerenza interna fra le tracce, a noi fa piacere che si possano ascoltare tutte, cosa che prima non era possibile. Fra l’altro questo è un ottimo esempio di come funziona MOD N – quando è uscito TPL in digitale abbiamo chiesto agli iscritti se lo volessero anche in formato fisico – la maggioranza ha votato per il ciddì, quindi appena finiamo eigenCelebration, stamperemo TPL e lo daremo gratis a chi si prende eigenCelebration.

SODAPOP: In ogni disco reinventate il vostro approccio e infilate dentro nuovi elementi rendendo il suono sempre riconoscibile eppure diverso, in un certo senso il progetto Vonneumann è una sperimentazione continua su voi stessi.
VONNEUMANN: Per noi non ha senso rifare la stessa cosa due volte. Non siamo mai stati alla ricerca di una formula chiusa, vincente. Tutt’altro… semmai siamo più inclini ad adottare formule perdenti! Per questo motivo cambiamo spesso strumenti, formazione, metodi. Il nostro motto è da sempre “si può fare tutto”, per cui una volta che una roba l’abbiamo fatta, via si passa a fare qualcos’altro – sennò come diavolo facciamo a completare il progetto di fare “tutto”?

SODAPOP: Proprio riguardo all’instancabile voglia di sperimentare, state preparando un nuovo disco che sarà diffuso sempre attraverso MOD N, eigenCelebration, una sorta di sguardo retrospettivo o, lasciatemi giocare con il termine, auto-hauntologico su voi stessi.
VONNEUMANN: Completamente auto-hauntologico! Sì eigenCelebration è un progetto auto celebrativo, come dice il titolo stesso. L’idea che abbiamo avuto per festeggiare il nostro ventennale è quella di prendere ogni nostro disco e remixarlo in una singola traccia (usando almeno 1 campione proveniente da ogni canzone del disco). Una volta finito, rilasciamo i pezzi in digitale gratuitamente tramite MOD N, accompagnati da una lunghissima méil che ti racconta vita morte e miracoli del suddetto disco. Ah e le méil sono sempre tradotte anche in inglese, per i nostri amici internazionali.

SODAPOP: In eigenCelebration appare lampante come sia l’elettronica che l’improvvisazione siano spinti al massimo grado come mai prima fosse successo nella vostra produzione. Perché avete scelto questa modalità d’azione?
VONNEUMANN: Per eigenCelebration abbiamo volutamente scelto di lavorare l’elettronica come si fa con l’improvvisazione: ovvero lunghe jam dove ognuno di noi suona con i suoi controller le proprie parti e cerchiamo gli incastri. È un approccio un po’ punk, non siamo nemmeno syncati via MIDI. C’è pochissimo editing e molta birra. Perché questa scelta… da un lato perché non l’avevamo mai fatto. Eppoi perché è molto divertente e pensiamo che sarà molto più efficace così quando lo porteremo dal vivo, se mai accadrà.

SODAPOP: E in questo caso anche preferito registrare tutto in presa diretta, senza intervenire in post produzione, una modalità che estremizza ancora di più l’utilizzo della pura manipolazione elettronica e dell’improvvisazione.
VONNEUMANN: Non tutto tutto è in presa diretta ad essere onesti, ma una grossa parte. L’idea se vuoi è un po’ l’opposto del discorso che facevamo sulla plasticità del suono. Qui il lavoro plastico lo facciamo per i fatti nostri a casa, da soli, lo prepariamo prima. Poi ci si vede e si jamma, e come viene viene. È un modo nuovo (per noi) di suonare l’elettronica. La tecnologia di oggi rende un simile lavoro molto più agevole di quanto non lo fosse prima.

DSCF5165SODAPOP L’idea di fondo di eigenCelebration fa pensare anche a un voler tirare le somme. Dopo the procrastination loops, questo è il passo definitivo per tagliare con il passato e andare oltre?
VONNEUMANN: Decisamente! Ripercorriamo tutta la discografia per lasciarcela definitivamente alle spalle eppoi via, verso altri lidi! Probabilmente dopo eigenCelebration – che ci prenderà gran parte del 2020 – partiremo con un nuovo progetto collaborativo MOD N (il secondo!) e lavoreremo a un nuovo disco, con ancora diverse modalità.

SODAPOP: Per chiudere, come ci si sente a vent’anni suonati di attività? Più suonati o più in attività?
VONNEUMANN: Attivamente suonati!