Two Dollar Guitar + Chris Brokaw – 01/12/06 Milk Club (Genova)

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Invecchiare non è il male. Galline, vischi maschio col fischio e senza raschio*, vino, amicizie e tutto quello in cui credi invecchiano. E migliorano. O si schiantano, col botto.
Sei anni fa eravamo tutti meno scafati, più innocenti, più pronti e reattivi. Oggi siamo una manica di snob malpresi che cercano sempre il male, in tutto.
Non contenti, ci si ritrova nel fondo della sala del Milk, che si riempirà a modo solo più tardi con le leve dei "capitati lì per caso quando non si paga più", a contemplare lo spettacolo della vita e della morte e di tutta la merceologia e il commercio che ci passano attraverso, come rappresentato sul palco stasera.
cbrokaw01 Chris Brokaw sale e il pubblico, invero un po' lento a percepire l'inizio dell'evento, lo segue nel suo set che esaspera al limite tutto quello che di buono abbiamo ereditato, anche grazie a lui, dal decennio scorso. Le sue canzoni non sono post-niente. Sono belle canzoni, di estrazione indierock, pescate un po' trasversalmente dai suoi dischi, tra cui una di quelle donate a Evan Dando e l'attesa, quanto meno da me, cover dei Suicide, già sentite durante il suo live di febbraio scorso alla Madeleine. Rispetto a quel concerto mancano forse alcuni brani, tra cui la bella cover di Liz Phair, e si apprezza una maggior confidenza con l'uso del looper sulla chitarra acustica, di cui evidentemente ha trovato il personale perfetto punto di sintesi oltre cui non spingersi mai. Non corre più il rischio di perdersi e sbavarsi addosso con rumorose tirate al costante limite del feedback e il concerto scorre decisamente bene.
Sul suddetto brano dei Suicide salgono sul palco Steve Shelley e l'illustre sconosciuto a vita, Tim Fohljan; i minuti che seguono sono, senza dubbio, il momento migliore della serata. Il drumming di derivazione krauta del non più tanto giovane quanto sonico Steve accompagna a perfezione la ripetitività Neu-rotica del brano, incastonandolo dalle parti del Nebraska di Springsteen. Bene. Qui finisce l'apporto della superstar alla serata. Il semplice ritmo "tu-tu-ta-ta" viene distribuito quasi uniformemente all'intero resto dello spettacolo dei Two Dollar Guitar, in quanto trio, che si dipana di lì a poco. Il gruppo è da manuale nel suo fare una cosa sola in tutte le salse: aspettarsi qualche eccezione è un po' come andare in Paninoteca o da Pasta e Basta e ordinare pollo e insalata, senza pane e senza pasta. Su questo inesorabile incedere si sviluppano le cavalcate da camionista signorile, a metà strada tra il Silver Jews meno ispirato e i Pavement più prevedibili, di Fohljan. Credo che il particolare ritmo descritto sia definito "motorik"; le litanie da alt.country/indierock maturo le abbiamo già belle e metabolizzate; l'apporto di Brokaw non rende imprescindibile il risultato, quasi impalpabile nell'economia dei brani.
Un concerto troppo poco partecipato, dove anche i pezzi più vecchi e asciutti, quelli dell'era della collaborazione con Cat Power, si dilatano e disperdono nel mare magnum di questi ripensamenti e rimasticamenti che, troppo spesso, scadono in passaggi da blues-rock che neanche il Geoff Farina più invaghito della sua tecnica riuscirebbe a giustificare. Tutto condito da una staticità immanente: un'attesa talmente poco trepidante che è degna pari dei fremiti provati ad una fermata dell'autobus quando il mezzo è appena passato.
2dguitar01 Ora. Non per suonare falsamente partigiano e poco incline all'esterofilia, gravissimo male di cui soffro ampiamente, ma i nostrani Franklin Delano, per dire i primi che mi vengono in mente, tengono il palco in maniera decisamente più ferma rispetto alle vaghezze viste stasera, districandosi meglio in territori non del tutto dissimili.
Lungi da me dire che sia stato un brutto concerto. Per carità, per la maggior parte mi è rimasta sullo stomaco, indigeribile, l'eccessiva lunghezza. Però è l'intero pacchetto azioni di certo cantautorato indierock che sta mostrando un po' la corda, no? Che senso ha, per il pubblico, andare a vedere un concerto all'anno, alla ricerca del nome trito e ritrito, per poi trovarsi di fronte un compitino, non tanto svogliato, quanto perfettino e pulitino? E, ancora, che senso ha accalcarsi per un'ora e passa di concerto se, alla fine, ti senti in dovere che "si, tutto sommato  Steve Shelley è un grande"?
Allora ben venga la logica della Corazzata Potemkin che il povero Fantocci si sente sgorgare de profundis, e a culo tutto il resto, capolavori e geni incompresi inclusi.

Non disponendo di foto dell'evento ripesco dagli archivi, me ne scuso.
Se qualcuno volesse farsi avanti con foto del concerto (qualche flash si è visto), saremo ben lieti di sostituire queste.
Le foto dei Two Dollar Guitar, di Matteo Casari, si riferiscono al concerto del 29/04/2000 al Fitzcarraldo, Genova.
La foto di Chris Brokaw, di Guglielmo Rossi, si riferisce al concerto del 10/02/2006 al La Madeleine Cafè, Genova.