Tupolev – Tower Of Sparks (Valeot, 2010)

tupolev_tower_of

Nome russo come pure uno dei componenti, ma equipaggio in prevalenza austriaco, tanto che si tratta di un disco fatto uscire con una compartecipazione di fondi della fondazione austriaca per la musica (altri paesi amici miei… altri paesi!). Quartetto che vede Peter Holy al piano, Lukas Schoeller all'elettronica, David Schweighart alla batteria e Alexander Vatagin (già collaboratore dei genovesissimi Port-Royal) al violoncello ed al basso.
In un certo qual modo credo che si possa parlare tranquillamente di "neoclassica" ma resterebbe comunque una definizione un po' raffazzonata, dato che nei vari pezzi e nello studio degli incastri di queste composizioni emergono diverse specificità dei singoli musicisti: un pianismo di derivazione classica che spesso caratterizza in modo molto netto la maggioranza delle tracce e una batteria jazzy che sia nel mix che nello stile si mantiene sempre discreta e accompagna il suono da dietro senza mai esondare. L'elettronica agisce in punta di piedi, tanto che a volte non è neppure così facile distinguerla, il che in parte rappresenta un pregio per il modo mimetico di suonare di Scholler ma è anche un po' un peccato, visto che i suoi interventi sono sempre parecchio interessanti e distinguerebbero maggiormente il lavoro da un ambito contemporaneo/jazz colto più tradizionale. Vatagin usa le basse del cello e del basso in modo efficace facendo da ossatura sia nei momenti di stallo delle composizioni sia nelle parti corali. Parlavo di un disco neo-classico perché non si tratta di contemporanea troppo obliqua e sinistra che fa venir voglia di suicidarsi a furia di pause, dissonanze o di soluzioni ultra cerebrali, le tracce dei Tupolev si fanno ascoltare e senza neppure troppa fatica. Per quanto non si tratti di musica impostata sulle citazioni, dei richiami al passato sono più che presenti, ma l'interesse del gruppo sembra più focalizzato nel senso delle singole canzoni, e nel trovare la propria quadratura senza necessariamente dover apparire qualcosa diverso da "sè". Towers Of Sparks è un disco ben pensato ma comunque asciutto, dove i quattro musicisti si lasciano i loro spazi e si muovono come ensemble solo quando c'è necessità di farlo. Un risultato apparentemente semplice ma che in realtà non lo è.