Tsigoti – Private Poverty Speaks To The People Of The Party (ESP-DISK, 2009)

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Perchè parlare oggi di un disco uscito nel 2009? Semplicemente per due motivi: da Sodapop non era ancora passato e in secondo luogo Private Poverty Speaks To The People Of The Party degli Tsigoti è un disco enorme e quindi vale la pena parlarne anche tre anni dopo la sua uscita. Chi troviamo dietro gli strumenti in questi sedici brani? Il geniale Thollem McDonas a piano e voce, Jacopo Andreini alla chitarra, Matteo Bennici al basso ed infine Andrea Caprara alla batteria, nomi che abbiamo già imparato a conoscere bene da queste parti (Jealousy Party, L’Enfance Rouge, Squarcicatrici, Rollerball, Motocicletta Tellacci e chissà quanti altri ancora). Punto focale del progetto è il sopracitato Thollem McDonas e i suoi testi intrisi di slogan e provocazioni politiche (basta un ascolto uno di This Is A simplified Response… per non riuscire più a togliersi dalla testa “if you really want freedom, real justice got to rise”) o di profonda amarezza e atti di accusa (“who cares for people dying when they’re blown out by bomb, we’re the ones selling weapons and leave our banks trader on”).  Non che i restanti musicisti siano semplici comprimari, tutt’altro. La musica da parte sua è infatti un rock sghembo, rumoroso e tagliente che a mio avviso trova paragoni solo con i Pere Ubu di David Thomas e qualcosa dei Fall, arricchita di una vena impro jazz che i nostri devono avere proprio nel dna e la rabbia dei migliori Dead Kennedys. Pezzi tirati, chitarre dissonanti, marcette, ballate, fanfare jazz, testi pe(n)santissimi… era veramente tanto che non mi capitava tra le mani un disco simile, con tante idee così forti tutte insieme, che suonasse così urgente ed essenziale, attraversato costantemente da una tensione e un pathos che tolgono il fiato. Si arriva al fondo stremati e non si vede l’ora di ricominciare immediatamente dall’inizio. Fantastico! (E attenzione: è datato 2012 il seguito di questo album: The Imagination Liberation Front Thinks Again, non vedo l’ora che mi capiti tra le mani).