The Tall Ships – On Tariffs And Discovery (Minority, 2011)

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That's only post-rock, but I like it. Ecco cosa ho pensato qualche minuto dopo aver iniziato ad ascoltare On Tariffs And Discovery. Perchè ci sono i suoni dilatati ed intensi, le chitarre che si rincorrono, le canzoni che cambiano marcia in corsa e si trasformano diventando completamente un'altra cosa rispetto a come erano iniziate, giochi di contrasto tra una dolcezza estrema e una furia scatenata e scatenante, la (quasi) calma che precede la (quasi) tempesta sonora. Per associazione musicale dico Pinback Call Confessions -, Unwound Oh Pioneers – e, se si continuasse a fare questo gioco, di nomi altisonanti ne salterebbero fuori parecchi, ma la sostanziale verità è che trovo questo disco davvero bello. Anzi, mi azzarderei a dire perfetto, dal momento che non sono numerosissimi gli album di cui posso affermare che apprezzo senza riserve tutta la track list, nessun punto escluso. Il mio entusiasmo potrà suonare un po' superficiale, effettivamente suonava così anche a me, quindi, per curiosità e senso del dovere, mi sono andata a cercare anche Paint Lines On Your Glasses Look Up At The Stars and Play Them As Notes, il primo lavoro di questi tre americani che vengono da tre stati differenti e si dilettano ad "esplorare la bellezza dei suoni degli amplificatori degli anni '60" (e già uno può innamorarsi così, ad immaginarli mentre smanettano con manopole Chicken Head di volume e gain) e il mio Super Io mi ha perdonato. Non è superficialità. I Tall Ships sono bravi sul serio. Volendo trovare un vago difetto, si potrebbe obiettare che tutta questa familiarità con suoni che hanno reso famosi altri prima di loro non conferisce certo lo status di Album dell'Anno al disco… ma è solo post-rock. E continua a piacerci.