Teho Teardo – 23/02/2014 Santa Maria In Chiavica (Verona)

teho_teardo__santa_maria_in_chiavica_150

È sempre un piacere tornare nella suggestiva cornice di Santa Maria In Chiavica ogni qual volta l’associazione Morse organizzi un evento: un piacere per gli occhi e per le orecchie. Stasera tocca a Teho Teardo presentare Music For Wilder Mann, dall’omonimo disco ispirato all’opera del fotografo Charles Fréger le cui stranianti immagini si succederanno per tutta la durata del concerto sullo schermo sospeso sul proscenio. Ad accompagnare il musicista pordenonese è la violoncellista Martina Bertoni, già nel Modern Institute e ormai sua collaboratrice fissa.
La presenza dell’autore di alcune delle colonne sonore di maggior successo negli ultimi tempi porta stasera un pubblico quanto mai vario, non tutti certamente al corrente degli altri progetti del musicista, ancor meno, immagino, degli esordi industriali e dei trascorsi con Meathead, Here e Matera. Nulla di male, anzi, questa situazione è certamente positiva per chi suona, che raggiunge nuovi ascoltatori, per chi organizza, che si fa conoscere in ambiti altrimenti difficilmente raggiungibili e teho_teardo__santa_maria_in_chiavica_1per il pubblico stesso, che oltre al piacere dell’ascolto, avrà modo di sperimentare sonorità non del tutto convenzionali e di conoscere a sua volta mondi diversi, dato che un loquace Teardo non risparmierà aneddoti e storie passate. Per le 21.30 tutti i posti a sedere sono occupati, si spengono le luci e si va ad iniziare, col titolare della serata che, chitarra baritono a tracolla, prende posto sulla sinistra, dietro al banco con laptop, effetti ed altri strumenti e la violoncellista si accomoda sulla destra, seduta entro una mezzaluna di pedaliere. La partenza è davvero poco accomodante, con un brano dalle cadenze funeree e finale hard, ma subito dopo il concerto si assesta su toni più placidi ma capaci di enfasi trascinanti, fra pezzi del disco che dà il nome alla serata ed estratti dalle varie colonne sonore: Attonita, la bellissima Day One (da Il Gioiellino), Miss Agropontino (da L’Amico Di Famiglia) e Wake Up, tutte caratterizzate dall’ottima l’interazione fra il violoncello, la chitarra e i suoni sintetici, che forniscono la base su cui si appoggiano i due strumenti a corde ma non di rado partecipano alla costruzione della melodia. Restano un po’ avulse dal contesto le foto, che continuano a girare imperterrite anche se il brano eseguito non si teho_teardo__santa_maria_in_chiavica_2ispira all’opera di Fréger, ma è un particolare di poco conto. Il primo terzo dell’esibizione trascorre senza una parola, poi la lingua di Teardo si scioglie ed è tutto un fiorire di racconti riguardanti la sua esperienza al festival di Santarcangelo di Romagna in compagnia di Foetus, la genesi dei pezzi presentati, le sue frequentazioni di Blixa Bargeld, l’ispirazione che gli viene dal figlio piccolo; il ghiaccio così si rompe definitivamente e si crea una  complicità fra palco e platea che durerà fino alla fine. Anche senza questo il concerto sarebbe comunque riuscito: al pubblico è chiesto solo di farsi trasportare da musiche assai evocative e lo schema un po’ ripetitivo delle composizioni risulta funzionale al coinvolgimento in un flusso dove i brani di Music For Wilder Mann si incastrano con quelli tratti dalle colonne sonore e con qualche inedito. In una scaletta così omogenea spiccano e si ricordano maggiormente i brani in cui la melodia è particolarmente azzeccata o quelli che si discostano dalla formula data: nel primo gruppo citerei la già nominata Day One, Hat Hat Hat (da Una Vita Tranquilla) con la chitarra in bella evidenza e In Ascolto, caratterizzato da un teho_teardo__santa_maria_in_chiavica_3crescendo quasi post-rock; del secondo la spigolosa  Oh Hook, con Teardo che imbraccia un’autoharp, Miss Agropontino con la sua ritmica indolente e l’inedita E Se Li Disturbi?. Storia a sé fa il brano che conclude i bis e che utilizza, con alterne fortune, il pubblico nelle vesti di coro muto: è forse il più difficile della serata, con l’elettronica in evidenza a toccare vette quasi industrial e la chiusura delegata a un antico blues suonato su un I-Phone microfonato. Si chiude con un lungo e meritato applauso una serata meno radicale di quelle finora proposte da Morse, ma sempre ricercata e in linea con la volontà di dare visibilità ad espressioni artistiche che altrimenti non troverebbero spazio. Dopo il buon inizio abbiamo quindi la conferma: ora attendiamo le prossime mosse.

Foto: Collettivo C<