Taras Bul’ba – Secret Chimiques (Wallace,2008)

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A volte ci sono dei libretti così strani che a fatica riesci a capire dove infilare il cd, un pò come il famoso proverbio cinese "casa grande è come donna grassa, difficile trovare strada": labirintici come il packaging si presentano i Taras Bul'ba – nome tratto da una novella storica di Nikolaj Vasil'evič Gogol – di Secret Chimiques e, ancora un volta, sotto l'ala ispirata di Fabio Magistrali, sfornano, dopo Incisione, un disco coi fiocchi, strutturato su vari livelli, tra sogno e realtà (Traumdeutung) e con non chiariti rimandi cinematografici (non l'ho detta eh!) o a pratiche mesmeriche, senza rinunciare a potenza, forza abrasiva (Khyber Pass) e rigetti noise hardcore. Se gli Shellac fossero nati e cresciuti in Italia forse non sarebbero poi tanto dissimili da loro, magari con meno coazioni a ripetere e più cultura mediterranea. Il mantra di Padilgione Zonda testimonia la qualità assoluta della band, mentre Disformofobico è più legata ai territori marcati dagli Zu. Al Mahdi ha tutto per non perdere in potenza, ecco qui: il merito maggiore dell'album sta nel fatto che, nonostante sia disseminato di trappole, sussurri, suoni tra il tribale e l'onirico, non è per nulla dispersivo nella resa finale. E, nonostante l'approccio "alto", diciamo così, (si ascolti l'incipit arabeggiante di Toktamis e il suo crescendo drammatico) sono sempre le chitarre rabbiose e il basso abrasivo a farla da padrone. Un gruppo che potrebbe essere tanto da catalogo Quartestick/Touch and Go quanto Amphetamine Reptile. E non a caso hanno pure spalleggiato gli indefinibli Crystal Antlers.