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Lleroy – Soma (Blinde Proteus/Bloody Sound Fucktory et al., 2013)

Beh. Per farla breve: uno degli Io Monade Stanca mi contatta per sapere se si può parlare dell’ultimo disco dei Lleroy, trio – che dire power è poco – di Jesi, che è proprio una bomba. Io ascolto pensando chissà se è vero, mi pare più che vero, accetto ed ecco qua. Nel dettaglio: chitarra (più che tosta e diretta, direi asfaltante – Tignola, Don Peridone), basso e batteria (che martellano senza pietà alcuna – Cuoridleone -) al secondo lavoro che si regge egregiamente su pezzi di una potenza assoluta. Quel che sul bus, pur avendo le cuffie, fa girare la gente nelle tue vicinanze con occhi strabuzzanti.

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Belorukov vs Marziano/Fulkanelli – Aggarbatoo! Vol.1 (Lemming/Hysm?, 2012)

Ancora l’attivissima Lemmings Records (era un po’ che non ne parlavamo, ma non per inattività loro, bensì per ritardi nostri) ci presenta questo split tape ultralimitato fra due dui (l’eterno dilemma su quale sia il plurale di “duo”) esordienti ma composti da gente non di primo pelo. Leggete e ne scoprirete di più.

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Ronin – Fenice (Audioglobe/Tannen, 2012)

Riprende la saga dei Ronin, senza un cambio vero e proprio, ma con un lavorio incessante verso uno stile che teme pochi rivali, specie dopo l’acclamatissimo Lemming. Una sorta di album di Matt Elliott, quello, senza che Matt Elliott canti mai (nemmeno Il Galeone). Il progetto di Bruno Dorella affronta, fiero e romantico, la nuova sfida con un cambio di line up, l’ingresso alla batteria di Paolo Mongardi ( Zeus!), e la consueta giostra di ospitate (fra cui: Enrico Gabrielli dei Calibro 35, Nicola Manzan e lo stesso padre di Bruno, Umberto Dorella, all’organetto nell’unico brano cantato, It Was A Very Good Year). Si apprezzano le stilettate di brani strumentali, in ammollo ben bene dentro Morricone e la cultura mediterranea (Jambiya), che trascendono il semplice post rock/slowcore finendo col creare quell’atmosfera unica, quasi vintage, che ben conoscete se avete già ascoltato un disco dei Ronin.

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