Scott McCloud: dai Girls Against Boys ai Paramount Styles, alive and kicking!

Forse non è necessario fare introduzioni, ma visto che nel mondo che è venuto dopo l’esplosione della rete il tempo oltre che scorrere "lungo i bordi" corre molto più veloce e la memoria storica è da sempre quella che è (come forse è giusto che sia), forse è meglio dire prima di tutto un paio di cose. Al di là dei disquisizioni se sia peggio vivere in un eterno presente o essere schiavi di una memoria ipertrofica, Scott McCloud ha suonato in alcuni dei miei gruppi preferiti e ha realizzato alcuni dischi che tutt’ora restano il simulacro dei sogni bagnati di parecchi musicisti della generazione post-hardcore e noise fra tardi anni Ottanta e primi Novanta. Non pago di aver suonato in almeno due gruppi di culto come Soulside e Girls Against Boys (come se i New Wet Kojak fossero da meno…), questo neo papà è al secondo giro di boa con il suo nuovo progetto, i Paramount Styles. Seppur sia passato parecchio in sordina rispetto al potenziale di molti dei pezzi scritti da Scott, i Paramount hanno reso felici molti orfani di quel cantautorato rock "diverso" che in altre epoche aveva reso celebri gruppi come i dEUS (con cui non a caso il nostro eroe aveva collaborato). Purtroppo lo spazio di un’intervista è troppo breve per potersi sbizzarrire a fare domande su ogni singolo progetto, ma McCloud ha anche collaborato a progetti diversi come il gruppo electro-punk Operator, in cui il nostro lavorava in copia con niente poco di meno che Teho Teardo e ha prestato la voce anche al lavoro d’esordio degli String Of Consciousness di Philippe Petit.

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K11 (Pietro Riparbelli) & Philippe Petit – The Haunting Triptych (Boring Machine, 2010)

Il tempo è tiranno e mi spiace arrivare in ritardo su un disco del genere, da un lato perché ho già recensito parecchia roba che coinvolge Philippe Petit che, per chi non lo ricorda, oltre a suonare negli String Of Consciousness era patron di Bip Hop e Pandemonium (guardatevi il catalogo e scusate se diversi anni fa era già all'avanguardia) e poi per il fatto che si tratta di una piccola consacrazione per l'etichetta veneta a cui non servivano certo grossi nomi per sancire gli ottimi risultati ottenuti, ma che in un certo senso finisce per accreditarsi come label dal profilo conforme agli standard europei.

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Slowcream – Wax On Wool (Nonine, 2009)

La Nonine è stata una delle migliori sorprese dello scorso anno in ambito elettronico e per di più si tratta di un elettronica per nulla fredda, molto easy listening pur non tradendo la sua origine berlinese. Questo disco degli Slowcream non smentisce le ottime impressioni che avevo avuto dopo aver ascoltato il primo lavoro, Slowcream come al solito vede coinvolto in prima persona Me Rabenstein che oltre ad aver licenziato i vari dischi sulla label berlinese ha in piedi collaborazioni in ambiti più o meno limitrofi con un numero imprecisato di altre persone.

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Lule Kaine – Radiations From Futurist Furniture (Chew-Z, 2008)

Ricordavo di aver già sentito qualcosa di questi Lule Kaine anche se non ricordo esattamente cosa e dove, ma questo solo perché giorno dopo giorno divento sempre più rincoglionito… ad ogni modo avevo un buon ricordo di quello che avevo sentito, ma ricordavo che fossero decisamente più virati verso il post-rock. Qualcuno mi aveva già parlato un gran bene di questa nuova uscita su Chew-Z ed effettivamente non è male, anche se post-rock o simile, lo è ma senso molto ampio.

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