Grizzly Imploded – Anabasi (Sincope, 2013)

Fra le etichette in circolazione la Sincope è certamente da annoverare come una delle più coerentemente devote al rumore, non solo in ambito italiano; tuttavia ci piace notare come questa devozione non si traduca in un cieco immobilismo, ma porti alla ricerca di nuovi talenti al di fuori dell’ambito strettamente industrial/noise. Se i Vetro erano stati una piacevole incursione nei territori del rock rumoroso, i partenopei Grizzly Imploded battono, nello stesso ambito, i territori dell’improvvisazione, sfoggiando un suono ruvido e senza compromessi.

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Maggot/Heifetz – Plays The Music Of Slobodan Kajkut (God, 2013)

Uno split LP in cui due formazioni chitarra-batteria interpretano composizioni di Slobodan Kajkut, dal tono evidentemente minimalista: il suono, nei due lunghi pezzi che compongono il disco, appare un semplice incidente. Col senno di poi, la scarna copertina bianca con le semplici scritte in arial avrebbe dovuto farci intuire qualcosa, ma a conti fatti, in rapporto al poco che si ascolta qui, una grafica così appare comunque quasi barocca.

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Pivot Quartet – Emissions (Chmafu Nocords, 2012)

Regala sempre belle sorprese l’etichetta austriaca Chmafu Nocords, senza mai fissarsi su un genere o una formula predefinita ma sempre attenta alle proposte meno convenzionali. I Pivot Quartet ad esempio, sono un ensemble austro-tedesco messosi insieme dopo un festival di musica improvvisata a Colonia nel 2009, ma formato da gente da tempo nel giro, garanzia di qualità e voglia di fare.

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Aetnea – S/T (Autoprodotto, 2012)

Gli Aetnea arrivano dal comune di Trecastagni, provincia di Catania, ma non immaginate le “solite” cose in stile Uzeda o Three Second Kiss che spesso sono giunte dal capoluogo e che tanto sono piaciute a noi, a voi e a un po’ a tutti. Quello degli Aetnea sembra piuttosto un tentativo (“estetico”, cit.) di immaginare una via attuale al progressive rock passando dal post rock e dal post metal: musicalmente potrebbero più o meno a grandi linee ricondursi a cose in stile Tool o Isis, come testimonia l’imponente riffone finale di Vartan Dub. Lo sforzo del trio per imbastire canzoni che suonino originali è palpabile, le idee infatti sembrano non mancargli (il clarinetto e il finale tribaloide di Odessus, il sitar di Béla Bartók ad esempio).

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