Gil Hockman – Dolorous (Self Released, 2015)

A volte la semplicità paga, come nel caso di questo disco fatto di niente, nato quasi per caso attraverso un crowd sourcing sulla piattaforma Indiegogo. La formula proposta dal Gil Hockman di Johannesburg non è nulla di trascendentale: un post folk minimalista registrato, come il dogma insegna, in cucina o in salotto con tanto di foto casalinghe nella retrocover, da eterno ventenne fuorisede che si barcamena tra frigo e divano. Tra le due cose ogni tanto ci scappa una canzone.

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Loobiecore, ovvero dell’essere un perdente di successo.

Mi sono sempre concentrato, forse un po’ morbosamente, su Lou Barlow. Non fraintendiamo, non sono ai livelli di D. Chapman e delle sue tragiche attenzioni verso John Lennon (Lou, non serve neanche dirlo, per indole ha sempre cercato di rifuggire da certi meccanismi tipici legati alla vita da rockstar). Il fatto è che ho apprezzato un po’ tutto quello che ha fatto, pure certa spazzatura targata Sentridoh o Folk Implosion perchè anche questa, comunque rappresentava sempre una porta in cui entravo ed intravedevo la sua vita immaginaria, qualche perla rara registrata in cucina tra i piatti da lavare, la sua camera zeppa di cose e la sua indeguatezza espressa in tutti modi: dietro le canzoni, dietro gli scarabocchi delle cover, dietro quegli occhialoni inguardabili da adolescente.

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