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The Maniacs – S/T (Against ‘Em All, 2009)

Rabbioso esordio di power-punk meneghino da parte dei Maniacs. La furia e la sicurezza con cui masticano la materia asprigna, ma sempre viva, del punk melodico facilmente farebbe supporre una provenienza d'oltreaceano. Un disco da far impazzire sia Duff McKagan che Page Hamilton, una supposta umida e sincera che, nonostante la non propria novità del suono, non può che entusiasmare e far muovere il culo. Chitarre compresse, esplosive, ma mescolate con una melodia ricercata e provata, testata, milioni di volte. Certo, la prima impressione è quella di aver ascoltato ogni singolo pezzo dentro altre strutture e con altri protagonisti, ma orgogliosamente, per una volta tanto, possiamo dire: "chi se ne importa!".

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Ultraphallus – Lungville (Autoprodotto, 2006)

Ammetto di aver perso la biografia della band. Si tratta di un flyer didascalico che, d'abitudine, accompagna  i promo sotto recensione. Trascurarlo, tecnicamente o meglio deontologicamente, non dovrebbe essere una cosa negativa, nel senso che il recensore in questo modo dovrebbe avere l'occasione di concentrarsi esclusivamente sulla musica. Lo preciso perché è noto che molte volte, come un Agnello d'Oro, la bio cartacea serve come escamotage per riempire il vuoto creativo (della band) o sovente, la mancanza di fosforo (del recensore). Nel caso degli Ultraphallus il problema non si pone: in primo luogo perché la band macina granito (e con un nome del genere mi sembrerebbe il minimo) e poi perché è un periodo in cui mangio soprattutto pesce.

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Fozzy – All That Remains (SPV/Steamhammer, 2005)

Finalmente una band programmaticamente perfetta: Fozzy! Un poco Fonzie e un poco Ozzy, la sintesi insomma della miglior tradizione americana: patatine e sit-com. E siamo già al terzo lavoro per questa ipertrofica band di ragazzoni da colazione dei campioni, alla voce ancora quel Chris Jericho che, pare, facesse impazzire migliaia di wrestler-maniacs seduti davanti alle tv americane (e non solo) e alla chitarra Rich Ward (Stuck Mojo), un tipino non certo famoso per origami o completini d’organza. Risultato? Un possente heavy metal melodico, roccioso come il sorriso di un primate e malinconico come le spoglie di un lapidato. Ma, perché la gente si ostina ancora a voler vedere e sentire tutte le produzioni di Rob Zombie?!

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