La Teiera Di Russell – NMR (DreaminGorilla/Scatti Vorticosi/Vollmer/Tanto di Cappello, 2015)

Un fitto tessuto di parole mutuate da situazioni non musicali, questo l’intro – e l’outro – di NMR, primo lavoro de La Teiera di Russell.
Già. Proprio Russell, il buon vecchio Bertrand, il filosofo neopositivista. Quello, appunto, della teiera nell’universo messa lì per spiegare il concetto dell’esistenza (o meglio, non esistenza) di Dio. Ebbè. Mica un nome a caso, penso. Toccherà far roba all’altezza di cotanto personaggio tirato in ballo, penso. E infatti, sì.

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My Speaking Shoes – Holy Stuff (Autoprodotto, 2012)

Ohhhhh. Bene. Con un paio di mesi di ritardo rispetto all’uscita, mi accingo a parlare del primo disco di una giovanissima
formazione nata in quel di Sassuolo. Ora, va premesso che normalmente sono molto scettica, pur rispettando tantissimo la scelta, quando si canta al femminile. Aggiungiamo (pluralis maiestatis) poi che sono tendenzialmente molto esterofila, per cui, sulla carta, l’album in questione partiva con dei punti handicap mica da ridere. Ma poi, a riprova del fatto che i proverbi hanno sempre ragione e “Don’t judge a book by its cover” – and neither an album! -, ad un primo ascolto si è risvegliato il mio ordine mentale che vede nella piramide della commozione positiva, subito dopo la frase “Nessuno mette Baby in un angolo” (citazione filmica prettamente femminile, se non riconosciuta, consiglio di indagare presso la prima fidanzata-amica-mamma-sorella che vi capita a tiro), il power rock un pò psichedelico bello tirato – tanto meglio se il tutto mi può ricordare i Motorpsycho (mio indice sicuro di alto gradimento) -. Incasinatissimo cappello che porta il discorso, come dicono i quattro protagonisti, “alla ciccia”: Holy Stuff è materiale che scotta, nel senso che accende, brucia e consuma.

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Gazebo Penguins – Legna (To Lose La Track, 2011)

Due anni fa al Tago Mago Fest ho avuto la fortuna di imbattermi in un live di un power trio emiliano. Avevo anche subito fatto mio il loro primo disco The Name Is Not The Named, un po' perchè sentendo echi di Motorpsycho (e scoprendo che una canzone era a loro esplicitamente dedicata!) io mi entusiasmo sempre tantissimo, un po' perchè mi sembrava che questi tre fossero stati proprio bravi. Quell'album, uscito per Suiteside, l'ho proprio consumato e, saputo che i nostri si stavano rilanciando nell'avventura 'album numero 2', ho pensato che valeva la pena ascoltare la novità.

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Lola’s Dead – Those Who Read Between The Lines (Autoprodotto, 2011)

Diciamo che, solitamente, quando chi suona decide di cambiare genere, cambia persone con cui suonare. Diciamo anche che ci sono le eccezioni a confermare quelle che si usano dire regole e che io stia per parlare di un quartetto che rientra perfettamente nella suddetta eccezione. I Lola's Dead, infatti, dopo diversi anni di attività sotto il nome Die Fesche Lola (una canzone tedesca che, nonostante sia stata portata al successo da quella gran donna di Marlene Dietrich nei primi anni Trenta, mi richiama un'atmosfera da Oktoberfest in maniera allucinante), hanno cambiato genere e nome mantendo la stessa line up e si sono registrati e autoprodotti un interessante concept EP.

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