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Powerdove – Do You Burn? (Africantape/Murailles, 2013)

Tutti sanno usare almeno un pochino Photoshop. Almeno da profani. Scriverei solo una similitudine per descrivere le sensazioni che Do You Burn? mi ha suscitato: è come mettere il giusto contrasto a un’immagine. L’immagine è lì, ma solo contrastandola al punto giusto amplifichi la sua bellezza,come minimo, la migliori, fai risaltare i colori, i piccoli particolari che prima non vedevi o non erano abbastanza a fuoco. Spero di non sollevare un coro schernente di grafici o comunque gente del mestiere. La voce di Annie Lewandoski, membro del progetto The Curtains e amica di gente tipo John Dieterich (uno dei Deerhoof) con cui ha registrato questo picolo gioiello, ha lo stesso effetto.

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Former Utopia – Colapsar EP (Damnably, 2013)

Parte piano questo EP che rappresenta l’esordio di Former Utopia, trio di londoneers che compiono un viaggio in sei tracce. Un piacevole minestrone di voce bassa, sensuale e dal gusto folk che interviene saltando su chitarre acustiche e non, sezione ritmica matematicissima (e già è partito il personale plauso interiore) a oltranza – A Love Like Infinity – che man mano si dipana e riempie lo spazio e le orecchie di qualcosa che parrebbe avere come stella polare la produzione meno elaborata dei Joan Of Arc o, più probabilmente, i primi Pavement (evviva il sacro grezzo lo-fi) – May Day – con svalvoli infiniti della linea melodica che non si capisce bene a dove portino, ma catturano l’attenzione sempre e comunque e, quindi, vincono, e begli arpeggi ricercatamente sbilenchi – Schism -.

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Birthmark – Antibodies (Polyvinyl, 2012)

Nate Kinsella, il cugino dei due più noti fratelli, si è aggiunto negli ultimi anni ai Joan Of Arc, creatura di Tim Kinsella, ha aiutato alla realizzazione dei dischi di Owen (quelli dell’altro fratello Mike) e di molti altri loro progetti collaterali (geneaologia completa su www.joanfrc.com) e arriva al terzo disco come solista col nome Birthmark: fino a questa primavera per me era un perfetto sconosciuto.

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Owen – Ghost Town (Polyvinyl, 2011)

L'anima sentimentale dei Kinsella, – non Sophie, quella del libro I Love Shopping e I Love Shopping con mia sorella, ma Mike e la sua sigla Owen, usata nei momenti in cui si apparta, lontano dai Joan Of Arc – torna con il settimo disco. Siamo sempre tentati all'ascolto invogliati dalle copertine e sentito quel suono che, da subito ti fa stare a tuo agio sul tuo divano sfondato: l'altra faccia della medaglia sta nel fatto che tutti, o quasi, i dischi della sua lunga produzione non sembrano andare mai al di là del semplice commento "l'album si ascolta molto volentieri". Gli arpeggi, gli intrecci mai banali, quel minimalismo ostentato, la voce perfetta: colpisce nel segno il suo stile, meno le canzoni, che faticano ad arrivare ad un punto preciso. Pure in Ghost Town tutto si apprezza, ma i singoli brani scivolano via senza che nessuno mai si fissi bene in testa. Allora riascolti tutto dall'inizio e forse sì, sembra che, stavolta, sia arrivato al punto massimo di ispirazione raggiunto dopo New Leaves.

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