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Agaskodo Teliverek – Psycho Goulash (Midfinger, 2009)

Mentre ascoltavo questo disco pensavo che un termine più di altri basterebbe ad inquadrarlo in modo più o meno decente ed il termine è “giap-pop”… il termine esiste? No? Se non esiste posso diventare famoso come quel giornalista che aveva inventato "post-rock"? Oppure posso entrare nell’accademia della crusca? (Per altro ho un quesito estemporaneo sull’accademia: ma sono gente che in virtù dell’appartenenza a quella specifica accademia non ha problemi di intestino pigro?… no, perchè ultimamente mi rendo conto che non è mica roba da sottovalutare!).

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Sinistri/Ovo – Phonometak Series #3 (Phonometak/Wallace, 2007)

Nuovo capitolo Phonometak e nuova accopiata di nomi conosciuti e, per questa volta, duo tutto tricolore. Partono gli Ovo, ormai sempre più calati nella loro dimensione “freak fracassona”, tanto da partire subito con un pezzo quasi industrial, molto vicino a quello del loro split con Inferno e Psychofagist, poi si va di un pezzo dement-surf come l’avrebbe suonato Ikue Mori ai bei tempi, pur non andando di cattiveria come nella prima traccia, il “diabolico coupè” in quelle successive rimane sempre animoso e molto ritmico. L’unica grossa variazione direi che sta nell’atmosferica e disturbata traccia finale a cui darei la palma di pezzo migliore.

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Luigi Turra – Enso (Smallvoices, 2007)

Se non si chiamasse Luigi Turra e se non sapessi che è italiano, ascoltando il disco avrei pensato che si trattasse di un autore orientale. Per questo disco i primissimi riferimenti mi riportavano alla mente molta musica giapponese o a quella di alcuni autori che, vuoi per origine vuoi per cultura, da essa ha succhiato linfa vitale per alcuni lavori; in particolare parlo di Ikue Mori, Toru Takemitsu e Koji Asano. Propenderei per la soluzione più semplice, almeno per me che scrivo, e quindi posizionerei Turra al centro del triangolo dei miei Bermuda situato in una confluenza fra questi tre "prodi kamikaze" (come li appellava l'eroico Adolfo Celi in Amici Miei). Minimalismo zen del secondo millennio e quindi paratie ultrasottili di carta di riso, da cui l'unica forma a prende corpo sono strumenti più o meno tradizionali suonati a poche note e con una gran disciplina.

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