Heroin In Tahiti – Sun and Violence (Boring Machines, 2015)

Se con Death Surf c’era chiaro riferimento allo spaghetti western, qui, per mole e durata, già si parla di kolossal, o meglio di kolossal discografico. Dopo gli assaggi del 7″ Peplum e del nastro Canicola, lo streaming del brano marcetta Black Market ha fatto da apripista a questo imponente doppio album. Che il brano in questione si riferisca in qualche modo al culto da mercato nero lasciato dal riuscito Death Surf come colpo di coda? So che non sarà vero, ma mi piace pensarlo. Indubbiamente le attese per il seguito si facevano sentire. Più che altro mi chiedevo se la formula degli Heroin In Tahiti, così ben congegnata e personale potesse avere degli sviluppi senza per forza consolidarsi in un suono troppo riconoscibile. Magari fatto con cura ma, che in fin dei conti, tolte le variazioni sul tema, non avrebbe aggiunto molto a quanto già detto.

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HIT_Peplum

Heroin in Tahiti – Peplum (Yerevan Tapes, 2014)

Tornano con un 7″ i romani Heroin In Tahiti e tornano pure quelle atmosfere “psichedelizziottesche” di borgata che tanto ci avevano fatto ammirare un lavoro come Death Surf. Se in quel disco era percepibile una forte quanto contaminata influenza spaghetti western, in Peplum poco cambia anche se dal titolo l’attenzione si sposta, qualche anno prima, verso quel sottogenere di film sulla mitologia greco romana prodotti a budget ridotto: la traccia ci riporta a quell’immaginario apocalittico che ha fatto la fortuna del duo, con rimandi a litanie di un ipotetico Morricone inaridito dagli stimoli e inacidito da altre sostanze.

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