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Lleroy – Soma (Blinde Proteus/Bloody Sound Fucktory et al., 2013)

Beh. Per farla breve: uno degli Io Monade Stanca mi contatta per sapere se si può parlare dell’ultimo disco dei Lleroy, trio – che dire power è poco – di Jesi, che è proprio una bomba. Io ascolto pensando chissà se è vero, mi pare più che vero, accetto ed ecco qua. Nel dettaglio: chitarra (più che tosta e diretta, direi asfaltante – Tignola, Don Peridone), basso e batteria (che martellano senza pietà alcuna – Cuoridleone -) al secondo lavoro che si regge egregiamente su pezzi di una potenza assoluta. Quel che sul bus, pur avendo le cuffie, fa girare la gente nelle tue vicinanze con occhi strabuzzanti.

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Black Moth – The Killing Jar (New Heavy Sounds, 2012)

Non partivo affatto prevenuto. Sebbene non ascolti molti gruppi con una donna alla voce, sono pronto a valutare con grande onestà una prova particolarmente brillante dietro al microfono anche quando non si tratta del muscoloso tamarro di turno. Ma il rischio di trovarsi davanti a una prestazione pallida aumenta quando la musica si fa dura e la paura di trovarsi di fronte a una fiacca frontman mi assale di colpo. Questo, forse, perché negli ultimi anni alcune “strapompate” band del giro doom/stoner che vendono bene, e fanno parlare i nuovi guru del rock mi avevano tramortito dopo trenta secondi. Fughiamo ogni dubbio, non è questo il caso. Quello dei Black Moth, gruppo inglese arrivato al suo esordio su New Heavy Sounds è un gran bel disco.

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Gandhi’s Gunn – The Longer The Beard The Harder The Sound (Taxi Driver, 2012)

Il secondo tragico disco (per citare Psichofagist) è sempre un ponte di corde che o fa cadere nel baratro oppure traghetta verso il quadro successivo. Devo ammettere che, in questo caso, non avrei giurato sullo scollinamento del quartetto genovese: vuoi perché lo stoner ormai si ascolta pure sugli ascensori e vuoi perché gli italiani son bravi solo a far canzonette. Mi sbagliavo. Il suono dei Gandhi’s Gunn rispetto agli esordi è nettamente maturato e la voce, bisogna dirlo, è definitivamente calibrata e appropriata per il rock che propone. Nulla da invidiare agli anglofoni.

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Costantino Della Gherardesca, da GG Allin al conte Ugolino, quattro chiacchiere con un bravo ragazzo

Perchè intervistare Costantino Della Gherardesca? Per mille ragioni, ma fondamentalmente per due. La prima è che è un intelligente uomo televisivo e questo, oggi come oggi, già basterebbe. La seconda è che un appassionato di rock indipendente e non sto parlando di Verdena o Ministri. Nel vuoto siderale che ammanta la nostra televisione noi abbiamo bisogno di Costantino. Ne abbiamo bisogno forse più di Aldo Busi. Certamente è un personaggio che ancora sta definendo la propria strada e la propria forma, ma la sferragliante ironia caustica (e talvolta tragica) che lo caratterizza, cela al contempo una cultura non indifferente negli ambiti che più ci interessano. Indubbiamente, (e questa è una profezia) è questione di tempo prima che questo maelstrom esca allo scoperto e si coniughi con tutto il resto.

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