Trent’anni di Sigillum S: solo una tappa verso l’infinito

Ci sembra parimenti difficile e inutile presentarvi i Sigillum S: difficile perché, in poche righe, è impossibile tratteggiare una carriera dove la quantità delle uscite è seconda solo alla profondità sonora e concettuale che le caratterizza, all’insegna di uno spirito di ricerca che non concepisce l’immobilismo e il mantenimento di uno status;  inutile perché, se state leggendo queste pagine, chi sono dovrebbe esservi ben chiaro. È tuttavia doveroso dedicare spazio a questo fondamentale progetto e l’occasione ce la dà la ricorrenza del trentennale, celebrata con Non Serviam, un monumentale nuovo lavoro (non la solita antologia autocelebrativa…) e con un concerto che si terrà al Lo-Fi di Milano il 16 aprile. In questa intervista con i due artefici del progetto, Paolo Bandera ed Eraldo Bernocchi, abbiamo volutamente trascurato gli argomenti prettamente biografici -per i quali vi rimandiamo al libro Rumori Sacri (Kali Yuga Editions) che a Sigillum S dedica un intero capitolo curato dallo stesso Bandera o al recente Solchi Sperimentali Italia (Crac Edizioni) di Antonello Cresti– per concentrare l’attenzione sul milieu che ha generati e fatto crescere un progetto per il quale l’essere italiano è un mero dato anagrafico.

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The Child Of A Creek – Quiet Swamps (Ruralfaune, 2014)

Il secondo album di The Child Of A Creek a uscire nel giro di poche settimane si innesta sul solco dei dischi dell’artista toscano più orientati al folk; non mancano però le differenze, chiare fin dal primo brano, rispetto ai lavori precedenti e ancor più rispetto al gemello omozigota Hidden Tales And Other Lullabies, di cui vi abbiamo detto tempo addietro, come se l’ispirazione del nostro si fosse sdoppiata e procedesse su sentieri sempre più divergenti.

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Mamuthones – More Alien Than Aliens (Boring Machines/Corpoc, 2013)

Ne è passato di tempo dall’ultima uscita discografica dei Mamuthones e le esibizioni a cui abbiamo assistito nel corso di questi tre anni ci hanno mostrato una band alla continua ricerca di nuove strade, senza paura di sbagliare e anzi dotata un coraggio ammirevole: li abbiamo sentiti virare verso sonorità più fredde e sintetiche, quasi dark, enfatizzare il proprio lato più tribale, poi recuperare il suono corposo proprio del disco, sempre notevole personalità e senza mai adagiarsi su formule predefinite. Per questo, in attesa del nuovo disco, chiedevamo qualche anticipazione sulla direzione intrapresa da questo EP, edito a metà fra Boring Machines e Corpoc nell’ormai classico formato one side, con un lato inciso e l’altro serigrafato a mano (in questo caso col logo del gruppo).

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