Squadra Omega – 06/05/10 Locanda di Campagna (Lonato – BS)

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In quella che voleva essere una stagione riassuntiva con il meglio delle precedenti puntate, gli Squadra Omega (gente di Mojomatics, Be Invisible Now! ed "ex membri di…" vari ed eventuali)  esordienti totali, rappresentano sicuramente il miglior gruppo visto sul lastricato (non potendo parlare di palco…) della Locanda. Formazione a doppio terzetto, con sax e batteria speculari e il sintetizzatore che basso a bilanciarsi reciprocamente, un po' King Crimson di Thrak, un po' Prime Time colemaniani. Ma alla fine, assolutamente Squadra Omega. Prima di iniziare è doveroso spendere due parole sul particolare look dei nostri: face panting in stile aborigeno (o Guerrieri Della Notte?), tuniche nere bordate oro e in un caso (il sassofonista di sinistra, l'altro è sobriamente scalzo e rasato a mo' di bonzo) agghiacciante mocassino scamosciato su cui non mi dilungherò al fine di non offendere il valido musicista, che pare andare assai orgoglioso di tali calzature. Ma bandiamo queste facezie: quando i sei iniziano a suonare si è subito in balia di un'onda che fluirà ininterrotta per i successivi 45 minuti, con qualche stacco ma senza vere e proprie interruzioni; non ci sarà verso di uscirne. Un esercizio d'ipnotismo a base di poliritmi squadra_omega_locanda_grandee melodie circolari, basso carrarmato e synth striscianti, psichedelia che opportunamente concede poco e nulla al frichettonismo, trasmettendo anzi un senso di disciplina rituale; e vedendo i sei tunicati davanti a noi, non è poi un'idea così peregrina. Doveva essere simile l'atmosfera in certi raduni kraut, o quella che si respirava durante le jam fra Ornette Coleman e i Master Musician Of Jajouka, ma al giorno d'oggi è raro sperimentare un simile trasporto. Gli unici momenti di ritorno in sé sono quelli di stasi fra un blocco e l'altro, a volte enfatizzati da un cambio di strumenti come quando i due frontman posano i sax per imbracciare la chitarra (Mocassino) e imboccare una pipa (Bonzo). Questo è forse l'unico momento di distrazione di tutto il concerto; non per il fatto in sé, ma perché l'odore dolciastro del tabacco ammorba subito l'aria (e fortuna che si è praticamente all'aperto), riconducendoci per un attimo in questa dimensione. Alla fine sono quattro i momenti che conto e mi pare di riconoscere alcune sequenze di Tenebroso, fra jazz notturne e quadrature noise che esaltano il lavoro di basso, per chiudere con dei sax singhiozzanti, che si interrompono e ripartono per poi tacere definitivamente: e ci ritroviamo nel portico del locale. Miglior gruppo visto durante la stagione, dicevo all'inizio, ma senza dubbio in gara per l'assoluto.