Rock And The City – Death Is Not The End?

iancurtis

Quando queste righe saranno consegnate alla Rete delle reti, Pasqua sarà andata e venuta in un battibaleno, col suo significato di morte e resurrezione per chi conserva un barlume di religiosità. Non io. Mai avuta manco un'oncia, se è per quello, e men che meno in questi tempi disastrati. Nello specifico di quanto leggete qui sotto, tuttavia, la cosa non conta nemmeno un po'. Qualche settimana fa ho finalmente rimesso ordine tra le riviste del 2006 e, sfoglia di qua e rileggi di là, ho fatto due conti. Mi è venuta la pelle d'oca nel redigere la lista – solo mentale: guai anche a considerare di prendere in mano una penna – di chi se n'è andato dal variopinto e rutilante mondo del "rock". C'è un problemino, da qualche anno in qua: i musicisti che hanno fatto la storia (piccola o grande, non conta) divengono sempre più vecchi, scoprendosi, e scoprendoli noi, normali uomini. Quelli che non ci hanno rimesso le penne da giovani & belli, per incidenti o – come dire – malattie professionali, sono arrivati fin qui e rischiano di salutarci da un dì all'altro, né più né meno dei simpatici e solari vecchietti della bocciofila che incrocio al parco pubblico il sabato mattina. Il tempo, zitto e inesorabile, ha istituito un gerontocomio e sottrae un mattone dietro l'altro dalla diga da decenni pericolante del "rock and roll" (prendete i Rolling Stones: come fanno tuttora a reggersi? E la ridarella a ciondolare sul palco, poi, non gli viene? Forse evitano per non stracciarsi in pezzi…). Aveva ragione Pascal a dire che – vado a memoria, ma il senso è quello – il problema dell'uomo nasce dal non riuscire a starsene tranquillo in una stanza da solo. Qualcosa non mi quadra ancora, però. Appoggio la retorica sul comodino, vicino alla sveglia, chissà mai che quando riapro gli occhi si sia volatilizzata; niente da fare, allora spalanco la finestra e la scaglio nel viale sottostante. Il groppo alla gola non accenna a diminuire. Faccio girare in rapida successione il vinile di Forever Changes, qualcosa pescato a caso dei Go-Betweens, Robespierre's Velvet Basement dei Jacobites. Mi placo per qualche manciata di minuti, la rabbia lenita dall'accettazione che la vita è così e ognuno l'aggettivi come più gli piace: quello che non riesco ad accettare è che sia scomparsa gente che – per grazia ricevuta, magia d'un dischetto metallico o un tondo di plastica un po' più largo – mi ha illuso di rimanere qui per l'eternità. La cosa che accresce infine la rabbia impotente è che la colpa non è loro, il più delle volte. Begli scherzi fanno Arte e destino, e il meglio di sé lo danno in sinergia. Hai un bell'ascoltare in giro che un conto è Ian Curtis che si appende e ti strazia, anche se all'epoca avevi giusto l'età per "Giochi Senza Frontiere", e un'altra cosa un genio australiano della pop song che va a dormire e, come niente fosse, non si rialza più. Un accidente: in fondo non importa come e chi, è "cosa si porta via con sé andandosene" a contare. Pezzi di te e della tua esistenza, casomai non l'avessi ancora ben afferrato. A Nikki Sudden, James Brown o Alice Coltrane, per non dire che di pochi pescati da un feralmente fitto mazzo, potrei dire di essermi avvicinato in qualche modo in questi anni di frequentazione "mediata". Di averli quasi conosciuti, attraverso quello che avevano da comunicare a me e ad altri disposti a udire, quindi ecco perché nell'apprendere del loro trapasso riassetto una serie di cose nella corretta prospettiva. Le star o le presunte tali, le zoccole e i leccapiedi, i dischi dell'anno e quelli di decennio, minuto e secondo, il myspace che c'è e l'universo indefinito. Tutto spazzato via, come le cartacce dopo il giorno di mercato e i coriandoli inzuppati d'acqua piovana a carnevale concluso. Roba di poco conto, buona al massimo per un forum, l'equivalente telematico del bar sotto casa. Chiacchiere destinate a perdersi nello sgommare di una A112 Abarth, sotto il tintinnio nervoso del flipper, dentro alla spirale di fumo della Muratti mezza consumata. Vanno via, lievi e indolori, nel tramestio quotidiano, nei mille e più rumori di fondo che giusto adesso cerco di seppellire con la potenza elettrizzante di Alone Again Or. Indistruttibile e sempiterna, finché troverà almeno un paio di orecchie e un cervello ad accoglierla.