Replace The Battery – Daily Birthday (In The Bottle, 2010)

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Non male, l’esordio di questo quintetto padovano che risponde al nome di Repalce the Battery. Però. Citano Explosion In The Sky e Mogwai tra le influenze, e questo è immediatamente avvertibile, ma anche Hood e vari grandi stranoti gruppi shoegaze, e questo mi conduce ahinoi e ahivoi ad una breve riflessione ugualmente indirizzabile a parecchi altri gruppi italiani, sempre derivativi (niente di male!) ma raramente incisivi (male, perbacco!). In particolare, proprio il paragone col gruppo di Leeds, tanto “povero” quanto unico, dovrebbe ricordarci come questa sia musica che necessita di una precisa scelta (o attitudine) estetica nei suoni, prima ancora che nella costruzione dei pezzi o negli arrangiamenti. Prendi Lupo: è un bel pezzo, ma gli manca quell’appeal capace di fare davvero la differenza… è troppo ovattato per conquistare (l’inatteso ottimo stoppato s’ammoscia senza colpo ferire), lo è troppo poco per far davvero viaggiare un cervello stanco. Gli Slowdive, altra influenza dichiarata, sono ben distanti. Di nuovo: Remember Me (cantato popdeboscio tra Notwist e Hood), non convince né avvince, ma davvero "per un pelo" (ma sono dettagli e sfumature a far davvero la differenza nella musica delle band citate dai padovani, no?), e questo è sul serio un peccato. Trattasi in sintesi di un buon esordio di un buon gruppo che, probabilmente, dal vivo è anche capace di convincere, ma su disco la produzione (paradigmatica la chitarra, che punta alle stelle ma senza sporcarsi mai le mani, preferendo rimanere nei rassicuranti lidi del "già sentito e ben prodotto") finisce per sottolineare le debolezze piuttosto che i punti di forza, andando in direzione di un generalismo (dream-post-quellochevolete) indiepop che rischia di annoiare già al primo ascolto. Dunque? Dunque, questo potrebbe essere l’ennesimo gruppo da seguire con attenzione, se in futuro saprà costruirsi una personalità attraverso un vero percorso di ricerca. Bisogna sperimentare, prima di "rifinire": altrimenti rimane davvero ben poca differenza, tra la musica che amiamo e quella che "proprio non se ne può più".