Ranter’s Groove – 俳句 (Kaczynski, 2019)

Nulla rivela un’attitudine autenticamente volta alla ricerca come la volontà di mettersi costantemente in gioco: dopo Songs From The Eternal Dump, che aveva ricevuto un’ottima accoglienza non solo da queste parti, i Ranter’s Groove si ripresentano con un album che, tenendo come punti fermi l’idea di improvvisazione e lo spirito che da sempre anima il progetto, si confronta con una nuova sintassi mettendo in musica gli Haiku (questo il significato degli ideogrammi del titolo) del poeta giapponese Masaoka Shiki, vissuto nella seconda metà del XIX secolo. Rispetto a Musica Per Camaleonti, che ce li aveva fatti conoscere, 俳句 batte strade stilistiche diametralmente opposte: composizioni brevissime – tutte intorno ai due minuti- suono estremamente materico, ritmiche sempre presenti; rimane come legame un certo minimalismo, tanto più sensato visto l’argomento in esame. Partendo dal presupposto che la stragrande maggioranza di noi non conosce il giapponese e non può quindi né leggere i titoli (Google Traduttore in questo caso è poco affidabile) né comprendere le parole recitate da Nina Minorikawa, dobbiamo affidarci ai suoni affinché ci guidino alla ricerca del significato nascosto di brani dove la gerarchia fra gli elementi ( loop di chitarra e elettronica, ritmi analogici e sintetici, campionamenti) è annullata e più della composizione istantanea ha senso il gesto sottinteso ad essa: è l’intuire l’azione che produce il suono a condurci alla comprensione del verso/brano. Così, nel passaggio dalla pagina scritta al supporto fonografico (e dalla parola alla musica), l’haiku assume concretezza senza perdere la forza della suggestione che lo caratterizza: una ricerca di senso che richiede all’ascoltatore un’attenta lettura dei suoni e una rapida capacità di sintesi, pur nell’ampia libertà che la musica concede. Un compito al contempo facile e difficile, sicuramente affascinante, ma al di là di questo intriga il fatto che俳句 colga lo spirito di questo tipo di poesia e lo porti un po’ più in là, oltre il significato della parola, verso un’espressione poetica ancora più piena.