Psychofagist – Il Secondo Tragico (Subordinate, 2009)

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Se anche avessi avuto dei dubbi sulla statura di questo disco e ripeto "SE" li avessi avuti, il commento che mi ha fatto un amico sulla eccentricità del disco mi avrebbe dato tutte le conferme che mancavano. Il Secondo Tragico è un disco notevole sotto diversi punti di vista: innanzitutto per i pezzi che pur viaggiando alla velocità della luce e nonostante le influenze più disparate non sembrano l'ennesimo clone dei Dillinger Escape Plan (l'influenza c'è ma non è maggiore della quantità di alcool che si trova in molte merendine confezionate), poi per il fatto stesso di mixare grind, Primus, Meshuggah, free-jazz, psichedelia e delicatessen da sangue al naso,  e infine il senso per la malattia ed una autoironia che li porta sempre su quel confine in cui ci si chiede se sia un risultato di dubbio gusto oppure tale da levarsi il cappello in segno di rispetto.
Io sono per la seconda ipotesi anche perché quando si scende nel concreto ascoltando le tracce che compongono questo disco, sulla maggioranza dei pezzi c'è poco da scherzare: atmosfere da esaurimento nervoso in mezzo ad un'invasione di cavallette. Pur suonando meno frammentate, le tracce nuove dei Novaresi sembrano ancora più malate ed ancora più portate all'eccesso, tanto che il sax di Luca Mai li avvicina più ai Painkiller o ai God invece che ad un gruppo dell'ambito metal. Anche la maggioranza dei cantati in italiano relega gli Psychofagist in un settore decisamente strano. Produzione e suoni regalano al disco quello che manca per risultare abrasivo e comunque non troppo compresso come un suono del genere necessita; gli Psychofagist non lesinano tecnica senza per questo rimanerne intrappolati, la malattia ed il delirio la fanno da padroni: un modo personale per andare alla velocità della luce e con un percorso sempre più autonomo.